Brand Italia, turismo e Blue Economy: intervista a Natale Mazzuca, vicepresidente di Confindustria
di Leyla Speziali
Senza dubbio, l’Italia è il Paese che conta il più grande patrimonio artistico e culturale al mondo e quello che gode di incommensurabili risorse paesaggistiche e naturali che ogni anno attraggano milioni di visitatori. Situazione che, se riferita al periodo pre-pandemia, rappresentava il 14% del totale delle nostre attività economiche, così come affermato dallo stesso premier Draghi durante il suo discorso programmatico in Parlamento lo scorso 17 febbraio.
MICS ha intervistato il Vicepresidente di Confindustria con delega all’Economia del mare, Natale Mazzuca. Molti gli argomenti affrontati: rilancio del Brand Italia, opportunità dopo la crisi generata dalla pandemia, turismo, blue economy.
Parliamo del brand Italia: in che modo è possibile valorizzare il Sistema Paese grazie ad una comunicazione imperniata sul rilancio del turismo italiano, con un focus specifico sulle località di mare?
Ogni crisi genera opportunità. La crisi sanitaria ed economica che abbiamo dovuto affrontare con la pandemia da Coronavirus ha messo a dura prova i sistemi socio-produttivi, ma ha anche fornito l’occasione unica di riscrivere i paradigmi della società medesima in direzione di una crescita sostenibile e realmente rispettosa del mare e dell’ambiente e quindi di una nuova attenzione alla lotta alle diseguaglianze. In questo quadro, l’Italia può ritrovare se stessa: ovvero può ritrovare l’immagine di un Paese di straordinaria e incomparabile bellezza, che detiene, secondo alcune stime, l’80% delle opere d’arte a livello mondiale e che può fare del turismo e del benessere di vita i punti di riferimento della propria identità a livello planetario. Puntare sul turismo, nel mondo globalizzato e dei vettori low cost, che pure hanno dovuto ridisegnare i propri piani industriali, significa andare a soddisfare le domande di un mercato che fino a poco fa era in continua crescita ma che ha visto interrotta bruscamente l’offerta per quasi due anni. C’è voglia di viaggiare, oggi un “lusso” alla portata di tutti. Ecco perché l’Italia deve investire in larghissima scala sul rilancio del comparto turistico, a cominciare da larghe e importanti campagne di valorizzazione del mare, considerato a 360 gradi una delle più grandi risorse di cui disponiamo.
A quali strumenti è necessario ricorrere per riacquistare la reputazione del Sistema Italia, in una prospettiva che riguardi l’attrattività degli investimenti delle persone, che rischia di rimanere imbrigliata e prigioniera di una percezione e, ancor di più, di un’immagine errata a livello internazionale e associata principalmente all’emergenza coronavirus.
L’Italia ha l’opportunità di rinascere dalle sue ceneri, come l’araba fenice. Lo ha fatto tantissime volte nel passato grazie all’impegno e alla laboriosità della generazione dei nostri genitori. Sono certo che ci riuscirà anche questa volta. Le risorse del recovery fund e il Pnrr costituiscono un unicum dal Secondo dopoguerra ad oggi. È in effetti l’unico intervento internazionale paragonabile nella sua portata al Piano Marshall. Ma non basta tuttavia la sola disponibilità delle risorse finanziarie. Occorre un impegno straordinario per individuare il punto di mediazione tra l’esigenza di sburocratizzare le procedure, accelerare i tempi di realizzazione delle infrastrutture e di apertura dei cantieri e nel contempo garantire il più rigoroso e puntuale rispetto del principio di legalità, perché neppure un euro venga sperperato. È una grande sfida che, ne sono sicuro, il presidente Draghi saprà affrontare, anche in forza della sua autorevolezza internazionale che è oggi il ‘quid pluris’ in termini di credibilità del Sistema Paese.
Che ruolo gioca il Pnrr nella definizione o ridefinizione di una politica organica nazionale sull’economia del mare?
Un ruolo cruciale, perché vi è piena consapevolezza del ruolo dell’economia del mare nelle dinamiche del mercato globalizzato. Tutto questo, però, va contestualizzato all’interno dei processi geopolitici e strategici in atto, che attribuiscono un valore importantissimo al quadrante del Mediterraneo, tra vecchie sfere d’influenza che resistono e nuove che si affacciano prepotentemente alla ribalta. È un contesto in evoluzione continua, anche estremamente delicato. Sarà fondamentale individuare la posizione dell’Italia e dell’Europa tra lo storico posizionamento atlantista, la “Belt and road initiative” al centro del memorandum con la Cina firmato prima della pandemia, e le rinnovate ambizioni russe.
Quali sono le sfide e le opportunità da cogliere per implementare e sviluppare, in maniera sistematica e sostenibile, progetti di “Blue economy”, in un quadro generale in continua evoluzione sia da un punto di vista socio-economico che tecnologico.
L’Italia è la vera e propria piattaforma logistica dell’Europa sul Mediterraneo. Auspico che vi sia una capacità di armonizzazione forte sul versante della portualità, perché i porti italiani non devono continuare a ragionare in termini di concorrenza l’uno rispetto all’altro, ma di integrazione reciproca per divenire parti di un grande “hub Italia”. Occorrerà, perciò, un intervento chiaro dei decisori pubblici al fine di individuare peculiarità e cluster specifici da attribuire ai principali terminal italiani, con un’idea chiara di sviluppo sostenibile. L’evoluzione tecnologica può aiutare ad azzerare i tempi di risposta in termini amministrativi e finanziari, ma anche a moltiplicare la produttività, abbattendo barriere anche fisiche che, soprattutto sulla dorsale appenninica, rischiano di penalizzare alcuni porti depauperando un patrimonio di vera competitività per il Paese.
Quale sarà il futuro del Brand Italia nel post emergenza SARS-CoV-2 e su quali aree è necessario intervenire in maniera più significativa ed incisiva.
Non vorrei ripetermi, ma credo che la vera sfida sia quella della “sburocratizzazione consapevole”. Occorre cioè mettere in atto interventi di drafting legislativo che, fatti salvi i principi di legittimità, sana concorrenza, correttezza e trasparenza, acceleri i processi produttivi e la realizzazione delle opere pubbliche. I progetti ci sono, esistono, ma per vedere la luce essi richiedono un tempo che oggi va da otto a dieci anni. Non possiamo consentircelo. Dobbiamo sprigionare le migliori energie, la capacità produttiva e la creatività che sono i punti di forza del sistema Paese, puntando sugli asset fondamentali del Pnrr: transizione ecologica e transizione digitale. Così il Brand Italia tornerà a essere attrattivo, consentendo alla nostra Nazione di recitare nuovamente un ruolo di primo piano a livello internazionale, assumendo la leadership nel mondo industrializzato. Noi imprenditori ci crediamo, ma ci crediamo soprattutto come cittadini. L’ Italia può e deve farcela. L’Italia ce la farà.
(Foto di copertina da confindustria.it)