Come i Brand hanno raccontato il Natale a casa
di Daniele Antonio Vigliotti
Lo slittamento del marketing verso il societing ha comportato una maggiore concentrazione sul sistema di relazioni in cui i Brand sono inseriti. Le imprese diventano «network sociali» e i consumatori «co-produttori, grazie alla loro capacità di generare legami sociali e simbolici intorno ai prodotti». La connessione tra Brand e società che, per alcuni studiosi, condurrebbe a una vera e propria “brand society”, richiama le aziende a uno sforzo ulteriore: costruire un legame con le personas e mantenere un allineamento tra BrandTelling e contesto esterno. Un processo che mostra la sua forza nello scenario pandemico, il quale ha causato cambiamenti sociali di ampia portata.
Inteso come intreccio di questioni epidemiologiche, impatti economici e conseguenze sociali, il Covid-19 si presenta come un «fatto sociale totale», precursore di una «lockdown society», come la definisce Francesco Giorgino. E in un periodo come quello natalizio il peso delle restrizioni è stato ancora più intenso, unitamente all’aggravarsi delle conseguenze economiche.
Trauma e paura sono le prime risposte sociali, cui però si accompagna la tendenza ad auto-organizzarsi in «comunità terapeutiche», consapevoli come siamo di essere di fronte a una situazione nella quale «nessuno di noi può essere padrone del proprio destino». Del resto, come ricordato da Bauman ci sono compiti con cui ogni singolo individuo si confronta, ma che non possono essere affrontati e superati individualmente.
Il Covid ha rappresentato qualcosa di ancora più sfidante per aziende e società, perché, rispetto ai disastri naturali cui siamo abituati, viene meno la caratteristica dell’essere «osservabili nel tempo e nello spazio», come sostengono Demarchi, Ellena e Cattarinussi. Indeterminabilità e imprevedibilità riguardano non solo l’evento in sé ma anche la durata delle restrizioni adottate per limitare i contagi e le relative conseguenze economico-sociali.
Si è innescata così una delle crisi più traumatiche della storia, cogliendo impreparati governi, imprese, organizzazioni e cittadini. Siamo in uno scenario che impatta su tre livelli: individuale, collettivo e aziendale. Sul piano del singolo le «conseguenze […] possono essere più o meno gravi e si concretizzano in un vero e proprio disturbo psichico», un temporaneo disagio post-traumatico che si accompagna a stress generato da incertezze lavorative ed economiche dovute al prolungato lockdown, alla seconda ondata e al rischio di una terza ondata. Sul piano collettivo-sociale, si assiste ad «alterazioni di lungo periodo nella struttura sociale di riferimento» con conseguenze che permangono anche successivamente ai processi di ricostruzione e sintetizzabili nell’acuirsi della disparità sociale a danno delle aree geografiche e dei gruppi sociali più vulnerabili e nella determinazione di «effetti differenziati di mutamento sociale».
Tale crisi ha comportato da parte delle aziende una riflessione sulle strategie di comunicazione e narrazione del Brand così come pensate nella fase pre-pandemica. Molte realtà hanno riorganizzato la filiera produttiva e cambiato tone of voice, adattandosi alla situazione e alle difficoltà dei consumatori e mutando la prospettiva con cui erano solite interfacciarsi con i tre ambienti (organizzativo, competitivo ed esterno) in cui si articola l’ecosistema di stakeholder.
La sfida è allineare il brand storytelling allo scenario Covid-19 e alle nuove esigenze della società, iniziando a gestire un rapporto che vada oltre le usuali logiche di mercato e puntando sugli elementi evidenziati dall’Edelman Trust Barometer 2020 e necessari per mantenere un buon livello di loyalty e trust anche in un momento di crisi sociale e personale del consumatore: show up and do your part; don’t act alone; solve, don’t sell e communicate with emotion, compassion and fact. Il brand apre con i consumatori un canale di «conversazione stabile intorno a un processo di reciproco e contestuale riconoscimento delle nuove priorità sociali» e individuali.
Le aziende hanno adottato stili comunicativi più empatici e assertivi, ideando nuove strategie ad hoc per il periodo di pandemia. I Brand diventano garanti e fungono da cassa di risonanza delle comunicazioni istituzionali, mettendo a disposizione della comunità quel pizzico di creatività e autorevolezza che li ha sempre contraddistinti. Assistiamo a «una stimolante esondazione dei Brand in direzione della quotidianità emergenziale» con l’obiettivo di «stazionare dentro il flusso» comunicativo «per contribuire alla gestione del presente e alla costruzione del futuro, per generare engagement nel pubblico rafforzando il senso d’appartenenza alla propria community di riferimento».
All’alba di un Natale forzatamente più intimo e sobrio con un carico di restrizioni non indifferente e un crescente stato di insofferenza e frustrazione sociale, molti Brand hanno rinnovato le proprie campagne di comunicazione e advertising, con l’obiettivo di alimentare una relazione cooperativa ed empatica con i consumatori/prosumer. Nella prima fase dell’emergenza, essi hanno cavalcato il sentiment generale e il sense of community tipico di quei mesi. Nel periodo natalizio hanno puntato sul modello narrativo del viaggio dell’eroe che affronta le nuove sfide “quotidiane” della pandemia per difendere lo spirito delle feste.
Nello spot Amazon, ad esempio, la ballerina francese Taïs Vinolo, con tenacia e grinta, nonostante le sfide del 2020, riesce ad affermare sé stessa e la sua arte costruendo, con l’aiuto della famiglia e della comunità, uno spettacolo su misura e consacrato da una neve provvidenziale. Un cambio di passo radicale rispetto alla narrazione dello scorso anno, incentrata sulle avventure di una dipendente e dei suoi aiutanti, con i pacchi pronti a essere consegnati. Da un tone of voice gioioso ed esuberante si è passati a un’intonazione più intima, alla rappresentazione del contesto reale tipico di questi mesi, un “viaggio dell’eroe” in una dimensione sociale che ribalta la prospettiva precedentemente adottata dal marchio.
Declinazione diversa dello stesso modello è al centro dello spot Coca-Cola, che narra il ritorno a casa di «un papà operaio alle prese con il viaggio dell’eroe in versione pandemica». Protagonista è un padre che, dopo mille peripezie, consegna a Babbo Natale la letterina della figlia, torna infine a casa scoprendo che la richiesta della figlia era proprio il ritorno del padre. Finale e morale invitano a pensare alle cose semplici ma essenziali: «This Christmas, give something only you can give». Il Natale 2020 viene raccontato diversamente: in passato l’iconografia natalizia di Coca-Cola dominava la scena, mentre quest’anno resta sullo sfondo, grazie ad un delicato richiamo all’universo simbolico dei valori che il Brand vuole comunicare.
Anche Nutella rivisita il viaggio dell’eroe, prima ideando una call to action rivolta ai consumatori, poi coinvolgendo vari influencer in uno storytelling transmediale, infine attraverso una campagna di advertising che rappresenta in maniera chiara e semplice le dinamiche di un Natale così particolare. Protagonista è un bambino che regala ai membri della famiglia emozioni vissute con ognuno di loro dopo averle conservate all’interno di barattoli di Nutella vuoti, a conferma dell’idea di un piccolo eroe familiare che con il suo ingegno e con l’aiuto degli iconici vasetti ricrea la felicità anche nei momenti più difficili. Nutella insiste sullo stesso storytelling dello scorso anno, riproponendone solo alcuni momenti e cambiando la colonna sonora. La vision resta uguale ma si insiste su aspetti emozionali capaci di rapire il consumatore e attivare una trance narrativa d’ascolto.
Heineken ha mantenuto il consueto tone of voice, puntando su leggerezza e simpatia. Lo spot è divertente e le peripezie raccontate riguardano i momenti di disaccordo tipici dei preparativi. Eppure, «dopo un anno così diverso, fortunatamente una cosa resta la stessa»: i battibecchi delle feste natalizie, che solitamente infastidiscono, e che oggi, invece, sembrano il miglior motivo per brindare con una birra Heineken. Tra i pochi riferimenti al momento storico c’è #SocialiseResponsibly, la campagna portata avanti in questi mesi per ricordarci la delicatezza del periodo.
Chi ha valorizzato l’emotività del periodo pandemico è Bauli, Brand che durante le festività ha incrementato copertura mediatica e volume di interazioni con il pubblico. In questo caso l’azienda è aperta al pubblico, invitando i consumatori a caricare stories su Instragram che reinterpretassero il classico clame di Bauli, «a Natale puoi». I consumatori diventano prosumer e lo spot risulta un mash up dei contenuti più emozionanti condivisi dagli utenti, accompagnati dall’iconica canzoncina utilizzata dal Brand ormai dal 2005. L’unico accenno all’attuale momento lo troviamo all’inizio del commercial: «In un anno così particolare, il primo regalo vogliamo fartelo noi: la nostra canzone». Arriviamo al cuore del messaggio: il dono e la vicinanza dell’azienda a tutti quei consumatori che considerano che Bauli sia sinonimo di Natale.
Dai casi analizzati emergono alcuni fattori trasversali che hanno portato le aziende a rimodulare il tone of voice dei rispettivi Brand, allineandolo allo spirito natalizio nello scenario pandemico. Tutte le pubblicità pongono l’accento non sulla nostalgia del passato, ma sull’esigenza di guardare al presente e al futuro con uno sguardo rinnovato che ponga al centro la bellezza delle piccole cose e una nuova forma di eroismo fondato su valori di resilienza e partecipazione al benessere collettivo, animata dal desiderio di andare avanti nonostante le difficoltà e dalla fiducia nello spirito di collaborazione che condurrà al superamento della crisi. Il tutto declinato senza snaturare i valori di base che costituiscono le identità dei Brand esaminati lungo un percorso ben preciso: partendo «dalla fotografia dello status quo» aziendale e sociale, le imprese hanno reso il piano della narrazione «la pista in cui far decollare bisogni e desideri dei consumatori e nel contempo quella in cui far atterrare le proiezioni strategiche e prospettiche dell’impresa», per dirla sempre con Giorgino. Siamo di fronte a community brand che sono riusciti a stabilire connessioni empatiche con il contesto sociale delle personas cogliendo i loro stati d’animo in un momento delicato come il Natale. Come il Natale al tempo del Covid-19.