Common Pass, stay safety, stay travel. Il nuovo passaporto vaccinale a portata di smartphone
di Federica Trapani
Da mesi si vocifera della possibile esistenza di un passaporto per tutti coloro che decideranno di vaccinarsi per il Covid-19. Ma realmente in cosa consiste? Tutela la privacy? Servirà realmente?
Queste sono solo alcune delle domande a cui tenterò di rispondere in questo articolo.
Il Common Pass o passaporto sanitario si sostanzierà in un’applicazione che permetterà alle persone di documentare il proprio status clinico riguardo unicamente al coronavirus, proteggendo la privacy e tutti gli altri dati. Il progetto è stato lanciato dal Common Project in collaborazione con il World Economic Forum e altri attori pubblici e privati. La piattaforma è stata pensata per inter-operare non solo a livello europeo, ma anche a livello globale e per garantire a tutti la sicurezza di ammettere all’interno del proprio stato un individuo “covid-free”.
L’applicazione funzionerà in modo semplice ed intuitivo. Sarà scaricabile sia su iOS sia su Android. Sarà possibile collegare la cartella clinica digitale personale, come l’Apple Health, e il Common Health, dove tuttavia non verranno menzionati i dati privati se non su specifica decisione dell’utente. Ciò significherà che l’app sarà sicura per tutti, analizzerà esclusivamente la registrazione del vaccino, inviando anche una notifica nel caso di un ipotetico secondo richiamo. L’elemento che farà la differenza e che pone l’accento sulle caratteristiche di questo progetto sarà l’analisi della fonte dei vaccini, in quanto molti referti medici possono essere falsificati. In questo modo si baipasserà tale step, compreso quello della lingua.
I viaggiatori potranno entrare nei differenti Paesi se soddisferanno i requisiti di screening sanitario, mostrando insieme alla carta d’imbarco il QR code fornito dall’app, che si limiterà a rispondere positivamente o negativamente circa lo stato di salute dell’individuo. Ciò, però, non si sostanzia solo nel vaccino, ma anche nell’esito di un tampone. Lo scopo fondamentale di questo progetto è quello di lasciare il virus al “confine” per tutelare i viaggiatori, ma soprattutto i Paesi. È evidente che questi ultimi abbiano necessità di turismo per supportare l’economia locale. Il World Travel and Tourism Council ha predetto che oltre 190 milioni di persone potrebbero perdere il proprio posto di lavoro per il forte calo del turismo nel 2020 a causa dell’epidemia. Calo traducibile in 5,5 miliardi di perdita del PIL. L’impatto della ripresa del turismo si sostanzierà anche nella ripresa dell’economia mondiale, ma il tutto deve essere realizzato in sicurezza al fine di garantire che il numero dei contagiati non aumenti.
Il Common Pass si può descrivere in quattro espressioni.
Neutro, realizzato da una fondazione pubblica senza scopo di lucro e open source. Ciò significa che il codice sorgente dell’app verrà caricato su Git Hube e sarà visionabile da chiunque e che potrà rilasciare feedback, commenti e suggerimenti.
Flessibile, poiché ogni Paese sarà libero di aggiornare autonomamente i requisiti per l’accesso, se basterà un tampone effettuato alcuni giorni prima o il vaccino (in alcuni casi entrambe le dosi, o solo una).
Privacy, l’app mostrerà solo i dati relativi al Covid-19, sarà a discrezione dell’utente scegliere se mostrare dati privati in situazioni emergenziali come, ad esempio, il gruppo sanguigno o le allergie.
Globale, l’applicazione funzionerà in tutto il mondo, superando lo scoglio della lingua e tutelando gli interessi di tutti. A tal proposito occorre specificare che il Common Pass ha coinvolto più di 350 leader pubblici e privati di 52 Paesi.
Con questo progetto si tenterà in definitiva di fornire informazioni attendibili per poter tornare progressivamente alla normalità.
Giunti a questo punto occorre domandarsi se esistono già applicazioni simili. La risposta ovviamente è si, tuttavia il Common Pass si differenzia alle altre app per la velocità con la quale fornirà i referti. Riflettendoci il metodo del QR Code è la modalità più semplice a livello tecnologico e più rapida poiché fornisce risposte attendibili e in diversi formati. Accanto alla semplicità, tuttavia non si possono non considerare le problematiche sollevatesi nell’opinione pubblica, prima tra esse la tutela dei diritti fondamentali. Tra questi occorre sottolineare che al pari del diritto alla salute vi è quello alla privacy che rischia di essere ignorato e travolto. Ovviamente tale discorso non si limita al Common Pass, poiché va visto nei riguardi di tutti i passaporti vaccinali. Tirando le fila sarà necessario tutelare i dati sensibili considerando i vincoli del GDPR, tenendo sempre in considerazione che i vaccini disponibili a livello globale sono molto differenti tra loro, hanno percentuali di efficacia diversa e che non tutti coloro che lo vorranno potranno immunizzarsi per motivi differenti. Ne potrebbe derivare l’evolversi di una situazione non omogenea tra chi si è vaccinato con una tipologia anziché con un’altra.
Di fatto, quindi, la classificazione binaria (si – no) potrebbe non essere sufficiente a rappresentare la situazione clinica degli individui. A tal proposito, occorre domandarsi se vaccinarsi è davvero una scelta o meno, poiché tale situazione potrà avere conseguenze rilevanti su diversi fronti, come quello lavorativo piuttosto che su quello personale, lasciando il dubbio se si possa o meno privare una persona dell’esercizio di diritti o di libertà a seguito di un trattamento di dati non idoneo a riflettere nella totalità le informazioni rilevanti senza trovare delle alternative.
Nel dettaglio, facendo riferimento alla Costituzione italiana, l’art 32, comma 2, cita che: “ Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessuno caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Con ciò risulta chiaro che solo una legge ad hoc può obbligare una vaccinazione di massa, principalmente perché ciò concerne la sfera dell’interesse collettivo con il quale gli individui non devono né ledere né “mettere in pericolo con i propri comportamenti la salute altrui, secondo il principio per cui il proprio diritto trova limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del diritto degli altri” (Corte cost. sent. n. 218 del 1994). Tuttavia, quanto detto deve essere letto tenendo in considerazione alcuni limiti ben precisi, come spiega A. Celotto, i trattamenti imposti non devono in alcun modo comportare conseguenze negative per la salute, salvo alcune eccezioni temporanee e di scarsa entità. Altro elemento riguarda la limitazione della libertà di autodeterminazione riguardo alla salute che dovrà necessariamente variare per intensità e proporzione rispetto al soddisfacimento di differenti esigenze bilanciando i valori e gli obiettori di coscienza.
Storicamente parlando sono già state fatte delle vaccinazioni di massa come l’antitetanica, l’antipoliomelitica. Nel caso specifico epidemico un esempio potrebbe essere rintracciato nel 1973, con il colera.
La situazione italiana per quanto riguarda i vaccini è ancora molto complessa. Tuttavia è stato reso pubblico il piano dettagliato della somministrazione per tipologia e trimestre:
La campagna per vaccinare le persone dal Covid-19 è iniziata in tutto il mondo. Non sono poche le persone che già hanno ricevuto la prima dose. In Italia è cominciata la fase dei richiami per coloro che hanno ricevuto la somministrazione della prima dose, ovvero gli operatori socio-sanitari.
Facendo un bilancio globale sono gli Stati Uniti ad aver fornito il maggior numero di dosi alla popolazione con più di 31 milioni di vaccini eseguiti. A seguire la Cina con più di 22 milioni. Ovviamente per poter leggere questi dati occorre sempre far riferimento al totale della popolazione. Infatti, seguendo questa linea di pensiero lo stato in cui la campagna vaccinale prosegue in maniera più efficiente è Israele con più di 4 milioni di dosi somministrate che hanno coperto quasi il 50% della popolazione la quale nel complesso ammonta a 8,86 milioni.
Tirando le fila del ragionamento, pensare di creare una campagna di vaccinazione obbligatoria, potrebbe rappresentare una scelta plausibile, solo qualora venissero garantiti i diritti costituzionali, previsti per legge, rispetto alla persona umana.
Ad oggi possiamo dire di avere validi “alleati” per combattere la diffusione della pandemia, occorre solo aspettare per tornare progressivamente ad una nuova normalità.