Comunicazione digitale e politica: il caso dei “due Mattei”

di Vanni Codeluppi

 

La comunicazione è stata considerata per lungo tempo un processo che prevedeva una semplice trasmissione di un messaggio o un’informazione. È stata cioè interpretata, in analogia con il modello postale, come un’operazione di spedizione di qualcosa. È già da alcuni decenni però che gli studiosi hanno messo in evidenza come nel processo di comunicazione non esista nessuna azione di trasmissione e il significato del messaggio venga costruito congiuntamente da tutti i soggetti coinvolti in tale processo. E oggi, con la progressiva affermazione del modello digitale nella società, ciò appare particolarmente evidente. Il Web, infatti, è basato sul modello della rete, che prevede un’elevata partecipazione e una condivisione. La comunicazione tende pertanto sempre più chiaramente a coincidere con quello che la sua etimologia latina indica: “mettere in comune”, “far partecipe”.

Certo, il modello della rete non rappresenta una novità perché la sua storia ha delle radici che vanno molto indietro nel tempo. Per parecchi secoli, però, l’impiego di reti sociali e culturali è stato riservato prima alle necessità amministrative dei grandi imperi e poi a quelle commerciali di pochi mercanti. Nell’Ottocento, invece, grazie alle radicali innovazioni tecnologiche introdotte nell’ambito dei trasporti e in quello dei mezzi di comunicazione, il modello della rete si è notevolmente diffuso e ha cominciato a introdurre dei profondi cambiamenti nella vita quotidiana di molte persone. La rete, d’altronde, rappresenta un’efficiente forma organizzativa e di funzionamento non soltanto dei processi comunicativi, ma anche di quelli economici e sociali. Si è visto infatti che grazie alla disponibilità di una rete tutti i sistemi complessi, anche se molto estesi, non necessitano di un controllo centralizzato e sono in grado di far emergere spontaneamente un’organizzazione di tipo ottimale.

Si spiega così perché oggi le società avanzate cerchino sempre più di operare adottando a tutti i livelli il modello della rete e ciò naturalmente avviene soprattutto nell’ambito della comunicazione. Il modello della rete ottiene i migliori risultati generando degli intensi flussi circolatori. Di conseguenza, chi vuole comunicare è costretto oggi a sviluppare dei flussi di comunicazione particolarmente potenti. Ciò vale in generale, ma vale soprattutto nell’ambito della politica, probabilmente perché il vero potere nelle società contemporanee viene esercitato altrove e cioè da parte della finanza globale e delle grandi organizzazioni internazionali (Unione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale, ecc.). I politici perciò devono cercare di mascherare la loro attuale debolezza sul piano della sovranità politica collocandosi al centro dello spazio mediatico. Per ottenere questo risultato, si sforzano di attirare su di sé l’attenzione sociale e di sfruttare a proprio vantaggio i ritmi e le pause che caratterizzano il flusso dei messaggi.

Ciò è risultato particolarmente evidente negli ultimi anni con il caso dei “due Mattei” della politica italiana. Il primo, Matteo Renzi (diventato Primo Ministro nel 2014), ha costantemente cercato di occupare lo spazio mediatico per comunicare una precisa identità. E per arrivare a questo risultato ha fatto ricorso a un utilizzo sistematico di tutti i media. Innanzitutto della televisione, il medium che può essere ancora considerato quello più potente e che Renzi ha cominciato a frequentare da giovane, partecipando al programma La ruota della fortuna, condotto da Mike Bongiorno su Canale 5. Poiché però intendeva presentarsi come una novità, ha fatto un intenso uso anche dei mezzi di comunicazione più innovativi, come quelli digitali e i social media. Anzi, si può dire che abbia adottato come principi cardine della sua azione politica quei valori di dialogo e di partecipazione che sono propri del Web. Perché anche i politici, come i divi, nell’epoca contemporanea devono riuscire a essere amichevoli e friendly, ovvero a fare propria quella logica della prossimità, della trasparenza e dell’interazione che rappresenta la caratteristica primaria del Web. Non adottano perciò quella concezione della propaganda che veniva condivisa all’inizio del Novecento e che cercava di “modellare” pesantemente l’opinione pubblica, ma si accontentano invece di riuscire a gestire la propria brand image e a comunicarla agli elettori attraverso un processo aperto che prevede scambio reciproco e partecipazione emotiva. Perciò, da questo punto di vista, le trasmissioni in diretta su Facebook o altri social media rappresentano per i politici odierni lo strumento ideale, in quanto consentono non soltanto di raggiungere velocemente un ampio bacino di persone, ma anche di comunicare in maniera immediata e diretta. Chi ascolta è particolarmente coinvolto, perché ha l’impressione che il leader politico stia parlando proprio a lui, dal suo schermo e a pochi centimetri dal suo corpo.

Anche Matteo Salvini, che non a caso ha fatto anche lui le prime esperienze pubbliche all’interno di programmi a premi delle reti televisive berlusconiane, ha sfruttato negli ultimi anni la strategia consentita dagli strumenti digitali di comunicazione per produrre l’effetto di suscitare una sensazione di somiglianza e vicinanza nei confronti delle persone comuni. Ciò non significa però che non si riesca ugualmente a generare dei consensi. Anzi, mostrandosi empatici, diretti e autentici, politici come Renzi e Salvini hanno dimostrato di saper costruire con i propri elettori dei legami particolarmente intensi. Legami però che, proprio per questo, sono spesso soggetti a fenomeni di usura comunicativa.