Covid, il rischio ragionato e la voglia di normalità
di Giuseppe Consoli
Tutto inizia nella Settimana Santa. Ricordate la vigilia di Pasqua del 2020, segnata dal lockdown, dalle immagini delle città vuote e dalle polemiche sulla “troppa gente in strada” che hanno portato persino alle chiusure di aree verdi, spiagge ed altri paesaggi naturali e a vietare l’attività sportiva all’aperto (immagini culminate nel famigerato inseguimento in diretta durante una puntata di “Pomeriggio Cinque” a un uomo che correva da solo sulla spiaggia di Jesolo)? Il clima della Settimana Santa 2021 è stato completamente diverso. Vero, il sistema dei colori ha subìto in quel periodo una revisione con la momentanea abolizione delle “zone gialle” e la conseguente chiusura dei ristoranti anche a pranzo (tranne per asporto e consegne a domicilio, sistemi consentiti anche in zona rossa) e il divieto di spostamento tra comuni diversi se non per motivi strettamente essenziali, e gran parte dell’Italia era in zona rossa. Ma a differenza del confinamento della primavera 2020, in alcune Regioni e province italiane i negozi sono rimasti aperti per tutta la durata del decreto del 13 Marzo 2021, da molti interpretato in modo errato come un “secondo lockdown”: alcuni esempi sono l’Umbria (con la provincia di Perugia già in zona rossa a febbraio e promossa in arancione prima del suddetto decreto), gran parte delle province siciliane e le province di Genova e La Spezia, le uniche due province insieme a Terni a non essere mai entrate in zona rossa dall’introduzione del sistema dei colori lo scorso ottobre 2020 (eccetto i casi di zona rossa nazionale delle feste natalizie e pasquali). E durante le feste pasquali, a differenza del 2020, grazie alla deroga dei “due ospiti” già presente nel decreto Natale, diverse famiglie italiane hanno organizzato riunioni, pranzi e festeggiamenti. Eppure, già da alcuni giorni, la curva epidemiologica aveva iniziato il suo calo. Calo che per fortuna ancora oggi prosegue senza mostrare segni di cedimento. A fine marzo l’abolizione delle zone gialle è stata prorogata sino a fine aprile, ma un primo segnale della nuova fase di riapertura si è visto con la ripartenza della didattica in presenza anche in zona rossa per scuole materne e primarie e per le classi prime delle scuole secondarie di primo grado, il cosiddetto “tesoretto” annunciato dal Ministro della Salute Roberto Speranza. E non era facile da prevedere, visto l’impatto dell’attività scolastica sui contagi in età infantile dovuto alla diffusione della variante inglese. Per la quale, a dir la verità, molti esperti in materia avevano previsto una forte ondata di contagi e decessi, ma che si è fermata a numeri nettamente più bassi rispetto al previsto (per intenderci, il tetto dei 30.000 casi giornalieri raggiunto durante la “seconda ondata” dello scorso autunno non è stato nemmeno minimamente sfiorato, fortunatamente). Ciò a dimostrazione del fatto che per arginarla sono bastate anche semplici chiusure provinciali o il compromesso delle cosiddette “zone arancioni rafforzate”. E nel mentre, la campagna vaccinale italiana, nonostante alcuni ostacoli quali il “caso Astrazeneca” ha registrato, grazie al nuovo “piano Figliuolo”, un processo di accelerazione che ha portato oggi il numero di persone vaccinate anche solo con la prima dose a quasi 28 milioni, con l’obiettivo del raggiungimento dell’immunità di gregge a settembre 2021: obiettivo che fino a qualche mese fa sembrava difficile da raggiungere ma che oggi non è più così remoto anche grazie agli attuali ritmi di vaccinazione. Un esempio, a livello regionale, è rappresentato dal Lazio: a marzo il tempo previsto per raggiungere l’immunità di gregge e vaccinare l’80% della popolazione coincideva con il secondo semestre del 2022. Oggi è sceso a ottobre 2021.
Questi e altri motivi di natura non sanitaria (la situazione economica dell’Italia, le tante attività a rischio chiusura, i disagi psicologici dovuti alle restrizioni soprattutto se prolungate nel tempo, le immagini delle manifestazioni di protesta nelle piazze e sulle autostrade bloccate dai manifestanti e i conseguenti appelli alle riaperture, ma anche – guardando al resto del Mondo – al successo del piano riaperture britannico) hanno portato le Regioni, anche quelle più “rigoriste” come la Campania e la Puglia, a richiedere al Governo un progressivo allentamento delle restrizioni e a sfruttare il cosiddetto “tagliando” per anticipare le riaperture presenti nel DL del 31 Marzo 2021. Nello stesso periodo, la curva epidemiologica ha confermato il suo calo (in alcuni giorni anche più veloce rispetto alla seconda ondata, con variazioni percentuali settimanali mai toccate tra ottobre e novembre: l’11 aprile la curva dei casi giornalieri è scesa del 25,5% rispetto alla settimana precedente, una diminuzione settimanale mai così forte da giugno 2020), e il 16 aprile l’Rt nazionale ha toccato lo 0.81. Nello stesso giorno, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto insieme con il Ministro della Salute Speranza una conferenza in cui annunciava il ritorno delle “zone gialle”, le quali sono state caratterizzate da maggiori aperture rispetto al passato. Tra esse: ristoranti aperti a pranzo e cena all’aperto, ripresa dell’attività dei cinema, dei teatri, dei musei, delle arene e delle sale da concerto per spettacoli dal vivo, la ripartenza delle attività sportive di contatto anche all’aperto, la possibilità di spostarsi tra Regioni (con la possibilità di farlo tra Regioni in fasce di rischio più alto o verso di esse provenienti da Regioni in fasce di rischio meno alto attraverso il “Green Pass”, strumento di cui usufruirà chi è vaccinato, chi è guarito dal Covid o chi ha effettuato un tampone negativo a massimo 48 ore dalla partenza). E dallo scorso sabato (il 15 maggio) si è aggiunta anche la ripresa delle attività natatorie all’aperto. Il tutto evocando una frase entrata di lì a poco sulle bocche di tutti gli italiani: “rischio ragionato”. Che, tra una polemica e un’altra, si sta rivelando finora una scommessa vinta: a diciotto giorni dalle riaperture, l’Rt nonostante tutto (probabilmente anche grazie al ritmo attuale di vaccinazione) è tornata a scendere a 0.86 contro lo 0.89 della settimana precedente; l’incidenza nazionale è tornata dopo ben sette mesi a meno di 100 casi per 100.000 abitanti senza una singola Regione che abbia al momento un trend in vero peggioramento. Il tutto mentre la campagna vaccinale prosegue sempre più spedita. Motivi che ieri (nel giorno in cui tocchiamo il minor numero di casi in un singolo giorno dal 7 ottobre, con un rapporto positivi-tamponi del 2,9%, dato basso per essere un lunedì, giorno in cui storicamente vengono rilevati meno tamponi rispetto agli altri, e la media settimanale dei casi scende rispetto alla settimana precedente del 29%) hanno spinto il Consiglio dei Ministri a varare un nuovo decreto contenente un nuovo cronoprogramma di riaperture di ampio respiro, coinvolgente un maggior numero di settori per i quali il precedente Decreto Riaperture non prevedeva date. Si inizia il 22 maggio con la ripartenza delle attività dei centri commerciali anche nel fine settimana. Segue, il 24 maggio, la riapertura anticipata di una settimana delle palestre, inizialmente prevista per il 1° giugno, data per la quale è invece confermata la riapertura dei ristoranti e affini anche al chiuso, sia a pranzo sia a cena (e non più fino alle 18 come previsto dal precedente decreto) e il ritorno del pubblico ad assistere a eventi sportivi all’aperto secondo i limiti di capienza già previsti. Mentre per gli eventi sportivi al chiuso si dovrà attendere il 1° luglio. Nella stessa data, le piscine torneranno ad operare anche al chiuso. E’ confermata la ripartenza dei centri benessere e riapriranno anche le sale giochi, le sale scommesse, le sale bingo e i casinò e ripartiranno tutte le attività di centri culturali, centri sociali e centri ricreativi e tutti i corsi di formazione. Per il 1° luglio prevista anche la riapertura dei parchi a tema, ma la “data X” per tale settore è stata anticipata al 15 giugno (così come per congressi e convegni), stesso giorno in cui, tramite l’utilizzo del Green Pass, sarà possibile celebrare feste e ricevimenti successivi a cerimonie civili e religiose, tra le quali i matrimoni.
L’entusiasmo degli italiani per questa nuova fase di ripartenza è tangibile: i ristoranti e le vie dei centri storici, nel rispetto delle regole anti-Covid (salvo alcuni casi come i festeggiamenti di natura calcistica che al momento però non hanno portato a effetti negativi sull’andamento attuale del contagio), tornano a riempirsi, i turisti iniziano già a prenotare le loro vacanze al di là della situazione epidemiologica momentanea del singolo territorio, le piccole imprese ritornano a pianificare le proprie attività a lungo termine, i concerti e gli eventi musicali rimandati all’anno successivo diminuiscono nettamente rispetto al 2020 (mentre nella scorsa estate c’è stato uno stop quasi generalizzato, quest’anno a rimandare o annullare i loro concerti sono per la maggioranza gli artisti internazionali e gli artisti italiani di maggior richiamo a causa della natura “di massa” dei loro tour previsti per questa estate), con diversi nomi che hanno già ufficializzato i tour estivi. E cambia persino la comunicazione: mentre negli scorsi mesi alle immagini delle città piene nei weekend di zona gialla seguivano polemiche che in alcuni casi hanno portato anche a restrizioni significative, oggi quelle stesse immagini vengono accolte con maggior gioia e ottimismo dai media e dall’opinione pubblica facendo leva sulla comprensibile “voglia di normalità” degli italiani dopo mesi di chiusure e restrizioni. Oggi gli italiani iniziano a guardare al futuro con maggior fiducia e a vedere la tanto attesa “luce in fondo al tunnel”. Ma si sa, gli italiani sono incontentabili, e anche in questa fase di ritorno alla vita riescono a trovare il “pelo nell’uovo”, nonostante si tratta di un pelo di poco conto: il coprifuoco. Una misura che limita diverse attività lavorative e condiziona le libertà di spostamento. Basti pensare che quando il Corriere della Sera ha erroneamente comunicato sui propri canali social che l’inizio del coprifuoco alle 22 sarebbe rimasto in vigore fino al 31 luglio (data di fine decreto e di fine stato d’emergenza), sui social media si è scatenata una pioggia di critiche. Tanto da portare diversi altri media e persino figure governative come il Ministro agli Affari Regionali Mariastella Gelmini a chiarire l’errore di comunicazione e ribadire che l’allentamento del coprifuoco sarà graduale in base all’andamento del contagio, con un iniziale spostamento dell’orario in avanti e una successiva abolizione definitiva, come dimostra la decisione del Consiglio dei Ministri di ieri 17 maggio: da domani 19 maggio 2021 il coprifuoco slitterà ufficialmente alle ore 23, per poi passare alle 24 dal 7 giugno e infine essere definitivamente abolito dal 21 giugno. Si sta andando avanti sì sulla linea del rigore, della prudenza e della gradualità ma allo stesso tempo, citando il Premier Mario Draghi, si sta operando sulla scia del “gusto del futuro”, con la consapevolezza che bisogna ancora combattere un nemico non ancora sconfitto e che, allo stesso tempo, alla luce delle vaccinazioni e in vista della stagione turistica estiva, una qualsiasi misura più restrittiva di quelle in vigore che non sia giustificata dai dati scientifici potrebbe portare a clamorosi autogol dal punto di vista economico e sociale.