Donne al tempo del Covid-19

di Alessandra Staiano

Il sorriso dietro la mascherina di Claudia Alivernini è l’immagine simbolo del Vax-Day in Italia. Prima a ricevere nel nostro Paese il vaccino anti-Covid19 targato Pfizer il 27 dicembre 2020, l’infermiera dell’Istituto Spallanzani di Roma è diventata il volto della campagna vaccinale e, di conseguenza, dell’avvio della stagione della speranza.

Volti femminili, fieri e sorridenti, sono quelli ritratti il 2 febbraio 2020 accanto al Ministro della Salute Roberto Speranza quando sempre dallo Spallanzani è arrivata la notizia che il Coronavirus era stato isolato e ne era stato sequenziato il codice genetico. Team in rosa, hanno titolato quotidiani, tg e testate online di ogni ordine e grado raccontando le storie e tracciando i profili della direttrice del Laboratorio di Virologia Maria Rosaria Capobianchi, della dottoressa Concetta Castilletti e della ricercatrice precaria Francesca Colavita, tutte donne e tutte del Sud, che agli esordi della pandemia, quando cioè ancora non era scattato il primo lockdown, hanno mostrato all’Italia e al mondo che una soluzione era possibile e che essa passava attraverso la ricerca scientifica. Un lavoro tenace e silenzioso su cui la pandemia ha acceso i riflettori dei media.

Che storie raccontano queste due immagini? Che valore hanno nella narrazione sul Covid19 e, in particolare, nella battaglia per sconfiggere il virus e tornare a quella che da più parti viene chiamata “nuova normalità”? Quanto sono importanti e come possono segnare il percorso di ricostruzione sul quale la politica internazionale e nazionale si confronta, non senza conflitti in particolare rispetto ai piani di investimento europei, quali il Next Generation Eu e il Recovery Plan che serviranno a costruire nuovi paradigmi economici e sociali?

Raccontano, innanzitutto, le storie che nei dieci mesi intercorsi tra le due immagini hanno popolato le vite di contagiati, pazienti ricoverati e di tutti, perché tutti hanno dovuto cambiare stili di vita ed abitudini per contrastare la diffusione del virus. Storie delle tante donne impegnate nelle professioni sanitarie e nella ricerca scientifica, che fino ad ora stentavano a uscire dagli ambiti della narrazione al femminile del mondo. Il valore maggiore di quelle due immagini, infatti, sta nel fatto che appartengano alla narrazione mainstream: ci dicono che l’importanza del lavoro delle donne non è qualcosa che appartiene soltanto alle donne, atteso che le intelligenze e le competenze femminili sono risorse per il miglioramento della vita per l’intera collettività.

Ed è esattamente su questo binario che si è mossa la riflessione di professioniste, scienziate, associazioni femminili quando a gran voce hanno chiesto (continuano a chiederlo!)  che il contributo delle donne diventasse (e diventi!) elemento fondante e non accessorio nella costruzione degli strumenti per la rinascita post-Covid, riconoscendo nella comunicazione una leva strategica per generare un profondo cambiamento economico e sociale.

È accaduto quando nella task force guidata da Vittorio Colao (di cui si sono perse le tracce nel dibattito pubblico), composta all’inizio esclusivamente da uomini, è stato chiesto ed ottenuto che venissero inserite figure femminili di alto profilo professionale e scientifico. Sta accadendo con la campagna “Half of it” (Half Of It – Donne per la salvezza) lanciata dalla europarlamentare Alexandra Geese e che in Italia ha visto la costituzione di “Donne per la Salvezza”, che mette insieme donne e uomini del mondo dell’associazionismo, delle aziende, della politica, della ricerca accademica, delle istituzioni che hanno elaborato e sottoscritto un manifesto per salvare il Paese attraverso proprio i talenti femminili. Accade con Linda Laura Sabbadini, direttrice dell’Istat, pioniera delle analisi statistiche di genere chair del W20 (Women20) che si terrà in Italia quest’anno, gruppo di engagement del G20, quando sottolinea quanto sia importante una valutazione ex ante in ottica di genere delle scelte che saranno fatte attraverso il Recovery Plan, ambito in cui hanno preso sempre più spazio le discussioni intorno a nuove infrastrutture sociali, riconosciute come necessarie al pari di quelle tecnologiche ed economiche.

Sulla stessa lunghezza d’onda il documento “Donne per un nuovo Rinascimento” elaborato ad aprile dalla task force, stavolta tutta al femminile, attivata dal Dipartimento delle Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che la ormai dimissionaria Elena Bonetti, aveva indicato quale base della prima “Strategia Nazionale sulla parità di genere”. Attività per la quale, poche settimane prima delle dimissioni, aveva chiamato a raccolta istituzioni, associazioni, organizzazioni, a gennaio 2021 per un confronto e un approfondimento.

In “Donne per un nuovo Rinascimento” viene riconosciuta la centralità della comunicazione nel processo di trasformazione dei paradigmi economici e sociali. Ad essa è dedicato uno dei cinque capitoli in cui si articola il documento, dal significativo titolo “Comunicazione: parole e immagini per generare un cambiamento”.

Dopo avere analizzato gli elementi di contesto e presentato proposte operative negli ambiti del lavoro, della scienza e della solidarietà, il documento si sofferma sulla necessità di agire sulla leva della comunicazione per incidere sul livello culturale e dell’immaginario collettivo, indicando cinque proposte operative. E’ forte l’attenzione verso le STEM, le discipline scientifico-tecnologiche (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) in cui si registra in Italia si registra un significativo gender gap.

Le cinque proposte del documento riguardano:

  • lo sradicamento degli stereotipi, con un nuovo tipo di linguaggio verbale e visivo attraverso una campagna pubblicitaria dal nome “Pubblicità Futuro” promossa dal Governo che valorizzi modelli femminili di talento e ispirazione per le altre donne;
  • la promozione di informazioni sulle iniziative governative in tema di pari opportunità attraverso un’app ad hoc;
  • l’abbattimento degli stereotipi di genere nelle STEM, animando una riflessione pubblica su questo punto
  • la capacità di appassionare alle STEM le giovani generazioni, in particolare bambine e adolescenti;
  • lo scrivere un abbecedario sulla crisi Covid19 attraversato dal Paese con un’attenzione al ruolo svolto dalle donne.

Per evitare il rischio che questa narrazione al femminile non produca pienamente gli effetti di cambiamento sperati, sarebbe necessario costruire campagne di comunicazione rivolte a tutte e a tutti. Se l’obiettivo è riconoscere e far riconoscere che la questione delle donne è di tutti, sarebbe utile promuovere messaggi rivolti agli uomini per promuovere, ad esempio, gli strumenti di welfare che puntano a una maggiore responsabilizzazione maschile nei compiti di cura, solitamente affidati alle donne, come l’estensione per gli uomini del congedo parentale a 10 giorni, quando cioè essi diventano papà. Immagini, parole e campagne di comunicazione che entrino nel discorso mainstream come hanno fatto il sorriso, gli occhi, la fierezza, la bravura e il talento delle donne immortalate in quelle due foto che compongono un pezzo niente affatto secondario della narrazione sul Covid e post Covid.