I cento anni del Pci attraverso i quotidiani

di Giulia Pantaleo

A 100 anni dalla nascita del PCI libri, documentari e iniziative culturali hanno tentato l’impresa di raccontare i sogni, le contraddizioni, le speranze, le delusioni e le conquiste della Sinistra italiana. Il centenario del PCI, partito amato e odiato, lodato e criticato, è riuscito a catturare la scena sulle pagine di numerose testate giornalistiche e sugli schermi di tanti canali televisivi. Per il quotidiano torinese La Stampa si è trattato di una vera e propria “PCI-mania”. In effetti, la storia del più grande partito comunista d’Occidente è stata ricca di traiettorie analitiche, forme narrative e aneddoti.

Collocazione sbagliata, menzogne, riti, nostalgie, limite, merito, dannazione, destino, scissione, frammentazione, cerimonie, amnesie, filo rosso: queste sono le espressioni chiave con le quali molti dei quotidiani italiani hanno affrontato la rievocazione dei cento anni della nascita del PCI.

Di seguito vengono analizzati alcuni articoli.

 

Corriere della Sera

Editoriale di Maurizio Caprara dal titolo “Il PCI dalla sovversione alle Camere. La ricorrenza costituisce un’occasione per una riflessione che non indulge in riti o nostalgie, non lascia indietro esitazioni e scrupoli. Caprara si muove all’interno di un arco temporale che traccia luci e ombre di una storia importante e che continua a far discutere.

I meriti del PCI secondo il giornalista del Corriere della Sera? L’esistenza del Partito comunista e i suoi legami con Mosca hanno permesso che in Italia il fascismo prima e il nazifascismo poi, persecutori di oppositori e minoranze, non siano riusciti a schiacciare del tutto una rete di avversari sviluppatasi in clandestinità. Senza l’addestramento e le tecniche cospirative acquisite in Urss, quella rete che portò i militanti comunisti a realizzare proselitismo nell’ombra e a studiare nelle carceri come fare politica, non avrebbe contribuito negli stessi termini alla Liberazione dovuta agli Alleati. Merito del PCI nel dopoguerra, per Caprara, è stato l’aver instradato nel circuito democratico definito dalla Costituzione molti cittadini che altrimenti ne sarebbero rimasti fuori. I limiti? Secondo Caprara la frattura che si determinò a Livorno nella Sinistra ha ristretto per decenni le possibilità d’azione di uno schieramento riformista ed ha rappresentato una delle ragioni per le quali l’Italia è stata, tra il 1947 e i primi anni Novanta, una «democrazia bloccata», un Paese libero al quale era tuttavia preclusa un’alternanza tra forze di segno opposto nei governi: causa ne fu la collocazione del secondo partito italiano dalla parte opposta all’Occidente del mondo.

Per Caprara la storia non è una linea retta e i suoi fenomeni vanno esaminati nella loro complessità. Nelle battute conclusive del suo editoriale, egli esorta a non rendere superfluo un centenario controverso e a riflettere su quanto il PCI sia stato determinante nel costruire un’Italia che dopo il fascismo non è più regredita in dittatura.

 

La Repubblica

Numerosi gli approfondimenti che La Repubblica ha riservato al centenario del PCI. La sezione cultura del quotidiano ha promosso il docufilm di Ezio Mauro sui sette giorni di dannazione della Sinistra. In occasione della celebrazione dei 100 anni del PCI, Concetto Vecchio ha intervistato per La Repubblica Pierluigi Bersani. Simonetta Fiori ha intervistato invece Giovanni Gozzini. Ezio Mauro e Simonetta Fiori su RepTV, il 21 gennaio 2021, hanno parlato della storia del PCI con il padre di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, con l’ultimo segretario del PCI, Achille Occhetto (con cui il partito si sciolse poiché nel 1991 nacque il PDS) e con l’ex ministro Claudio Martelli, storico esponente del PSI. Sempre su RepTV, un servizio di Giulio Schoen ha ricordato che la prima bandiera rossa del PCI, oggi esposta alla biblioteca dei Bottini dell’Olio di Livorno, fu cucita in fretta e furia dalle donne comuniste nel giorno del congresso di Livorno, diventando così il primo vessillo “ufficiale” del partito. La Repubblica di Maurizio Molinari ha sviscerato questo fatto storico con diversi  focus. Le voci protagoniste del dibattito sviluppato in molte pagine del giornale sono figlie della vicenda che sono chiamate a commentare e ne mettono in luce senza indugi errori e successi. Il giorno del centenario le edizioni locali del quotidiano non hanno mancato, inoltre, di ricordare ai lettori gli appuntamenti celebrativi della storia del Partito comunista italiano nelle diverse parti d’Italia.

 

Il Giornale

Non lasciano spazio all’immaginazione le riflessioni e le analisi di questa testata, che certamente si premura di non deludere i suoi più affezionati e storici lettori (e ci riesce senza tentennamenti).  “Il PCI celebra Cento anni di menzogne”: questo il titolo che suscita maggior scalpore. L’articolo è di Alessandro Gnocchi, se l’incipit è ironico -“Antonio Gramsci era un santo. Palmiro Togliatti un fior di riformista, sulla scia del socialista Filippo Turati. Il Partito comunista era non solo del Migliore (Togliatti, appunto), ma anche dei migliori, essendo i suoi elettori colti e moralmente irreprensibili” – l’explicit è più accusatorio: “Prevale, nella stampa e nell’editoria, l’adorazione per la storia formidabile del comunismo italiano, senza macchia e senza paura. D’altronde, il comunismo ha perso come sistema politico, ma ha vinto come sistema culturale, come mentalità di massa. Facciamo un esempio. Chi ha pagato il conto più salato in questi mesi piagati dalla pandemia? La piccola o media borghesia, impossibilitata a lavorare e ingannata dai mitici ristori, ovvero dai soldi a pioggia che non arriveranno mai nella misura necessaria e in quella promessa. D’altro canto come potrebbe lo Stato italiano, che non ha un centesimo, provvedere davvero a tutto? Bene, ricordate le parole di Gramsci da cui siamo partiti? La borghesia «da espellere… col ferro e col fuoco»?”. Gnocchi offre una serie di spunti e aneddoti interessanti, per i quali auspica una fine in grado di non annegare in rovinoso oblio. Fra tutti emerge quello legato ad un celebre testo e ad un premio Nobel: “Vogliamo parlare del tentativo, andato a vuoto, di impedire la pubblicazione del Dottor Zivago di Boris Pasternak? Rossana Rossanda si prese la briga di far capire all’editore Giangiacomo Feltrinelli che quel romanzo era una brutta propaganda anti-comunista. Darlo alle stampe significava «passare il segno». Non solo Rossana Rossanda. Per Il Giornale, scese in campo tutta la prima linea della dirigenza: Pietro Secchia, Paolo Robotti, Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Mario Alicata. E quando il premio Nobel per la letteratura Aleksandr Solgenitsin fu esiliato? I comunisti di casa nostra giudicarono l’atto proporzionato, una dimostrazione di responsabilità da parte dei sovietici. Certo, l’esilio era una misura restrittiva dei diritti individuali, ma Solgenitsin aveva sfidato lo Stato e sostenuto aberranti tesi controrivoluzionarie”.

Sulla stessa scia di Gnocchi si colloca Giubilei, il quale scrive: “la Sinistra italiana è passata, senza soluzione di continuità, dal comunismo al globalismo liberal senza mai prendere in modo netto le distanze da ciò che il comunismo ha rappresentato o, per lo meno, senza compiere un’analisi storica oggettiva priva di sentimentalismi o rimpianti. Francesco Giubilei, proseguendo in questa sorta di “damnatio memoriae”, sceglie di intitolare il suo articolo per Il Giornale: “PCI, cento anni dalla parte sbagliata”.

Per Giubilei “ricordare è diverso da celebrare: un conto è ricordare un’esperienza storica, culturale e politica, un altro è celebrare in modo trionfante tanto il PCI, quanto l’ideologia rappresentata dal partito di Via delle Botteghe Oscure”.

 

Il Tempo

“Ci mancava il francobollo per i 100 anni del PCI”: sulle pagine del quotidiano si preferisce non perdere “tempo” con i ripassi di storia e con i bilanci consuntivi del comunismo italiano. Il Tempo porta all’attenzione dei lettori la protesta innescata dall’On. Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera ed esponente di Fratelli d’Italia, che afferma: «Trovo davvero sconcertante che sia realizzato un francobollo per i 100 anni del Partito Comunista Italiano. Trasformare la commemorazione della nascita di un partito in un affare di Stato, somiglia più a una scelta da regime totalitario che non da liberal-democrazia».

 

Il Sole 24 ORE

Per celebrare i cento anni della frattura che segnò il destino della storia d’Italia, Info Data, il Data Blog del Sole 24 ORE, ha elaborato un contenuto interattivo che ripercorre le numerose scissioni che hanno contraddistinto la vita del principale partito della Sinistra italiana. Sebbene l’approccio al tema risulti analitico e quasi scientifico, le scissioni della Sinistra viste al microscopio di Info Data, sembrano enfatizzare un aspetto ontologicamente intrinseco alla storia del PCI: la frammentarietà.

Colpisce invece il particolare spazio che il giornale economico per eccellenza, in un articolo di Dario Ceccarelli, dedica alla ricostruzione di una piccola bibliografia recente sui 100 anni del PCI, nella quale compaiono i nomi di Mauro, Staino, Canfora, Fassino, Telese e altri.