I dati personali, un “tesoro” da conoscere e proteggere

di Anna Dainelli

 

I tuoi dati sono un tesoro da proteggere insieme. È questo il claim scelto nel nuovo video istituzionale del Garante per la Protezione dei Dati Personali, lanciato in rete nei giorni scorsi con l’intento di sintetizzare e raccontare il ruolo di questa Autorità, che da quasi venticinque anni si occupa di tutelare l’identità, la riservatezza e i diritti delle persone.

Due minuti e trenta secondi di spot per spiegare il valore dei dati personali e l’importanza di proteggerli nella vita di tutti i giorni, ancor più oggi visto che siamo totalmente immersi nella dimensione digitale.

Il Gpdp sceglie di veicolare attraverso tecniche di visual storytelling un chiaro messaggio emozionale: da una bimba che nella culla della nursery emette i suoi primi vagiti di vita ad un’anziana che ritrova in una scatola il braccialetto identificativo da neonata, le immagini che si susseguono – corredate da musica e da una voce fuoricampo narrante – ripercorrono i momenti della vita di ciascuno di noi. Momenti nei quali condividiamo e mettiamo quindi potenzialmente a rischio i nostri dati più sensibili.

L’attività svolta dal Garante nei sui primi venticinque anni di vita, dal 1996 (anno in cui l’Autorità fu istituita con l’approvazione della legge sulla privacy) ad oggi, è stata complessa tanto quanto la società digitale che si è formata. È stata segnata da piccole e grandi conquiste che hanno pian piano costruito una vera e propria “cultura della riservatezza”. Dalla linea della distanza di cortesia presente oggi in tutti i luoghi pubblici, fino ai contributi forniti per contrastare fenomeni come il phishing o il cyberbullismo, salvaguardando diritti come la protezione dell’identità digitale, il corretto trattamento dei dati personali e sanitari, il diritto all’oblio. Recentissimo, per dare un esempio, è l’intervento disposto dal Gpdp nei confronti di Tik Tok in seguito alla drammatica vicenda della bambina di 10 anni di Palermo.  Intervento che ha portato al blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica.

Nello spot istituzionale al quale si faceva riferimento in precedenza tutto è narrato con un linguaggio diretto, che parla alle persone, con un tone of voice semplice (e nuovo) per l’Autorità, la quale inaugura così un nuovo corso nella propria comunicazione istituzionale. Sensibilizza sul valore dei dati personali e sul perché sia importante proteggerli quotidianamente: obiettivi divenuti ancor più sfidanti nell’ecosistema digitale nel quale viviamo, operiamo, ci muoviamo. Lo spot informa sull’attività portata avanti nel tempo dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, ne descrive in chiave diacronica la mission: “abbiamo fatto tanto, ma c’è ancora molto da fare, è il momento di pensare al futuro”, ci ricorda la voce narrante mentre scorrono immagini di smart city, auto connesse, riconoscimento facciale, intelligenza artificiale. Ma, ancor prima di tutto il resto, lo spot punta a smuovere le coscienze delle persone per renderle consapevoli del fatto che sono diventate custodi di un tesoro, di un patrimonio prezioso e personale da salvaguardare in un contesto spazio-temporale che tutto traccia e tutto memorizza: da qui il claim finale “tutto può cambiare, ma una cosa è certa: i tuoi dati sono un tesoro da proteggere insieme”.

L’importanza di questa tematica emerge anche se consideriamo la quantità di sanzioni inflitte dai vari Garanti della Privacy europei a partire dal 2018, anno in cui è entrato in vigore il Regolamento europeo sul trattamento dei dati personali, traduzione del General Data Protection Regulation (GDPR).

Secondo il rapporto dell’Osservatorio Federprivacy, che ha analizzato le fonti istituzionali dello Spazio Economico europeo (SEE), nel solo 2020 le Autorità di controllo per la protezioni dei dati di tutti i Paesi europei hanno emanato ben 341 provvedimenti, infliggendo oltre 300 milioni di euro di sanzioni per violazioni del trattamento dei dati personali.

Il digitale ha trasformato e sta continuando a trasformare la realtà che ci circonda e il modo con il quale ci relazioniamo ad essa. In appena mezzo secolo di storia, siamo passati dalle università di ARPANET nel 1969 a circa 50 miliardi di sistemi vari nel 2020, con una quantità esorbitante di dati trasmessi. Internet collega telefoni, auto, treni, allarmi, satelliti, termostati, impianti audio e luci, biblioteche, raccolta dei rifiuti, intere città. È l’Internet of Things, ovvero l’Internet delle cose. Un ecosistema che stiamo costruendo giorno dopo giorno fra opportunità e rischi. È probabile che la differenza nel futuro prossimo non la facciano solo le nuove tecnologie che riusciremo a sviluppare, ma anche i criteri di governance che adotteremo.

Nella storia umana, l’identità personale (il sé individuale) e i dati personali (le informazioni) non sono sempre stati considerati come un tutt’uno, ma con il digitale che processa, traccia, monitora, condivide e rende virali illimitatamente enormi quantità di dati, i due concetti si sono saldati in un unico blocco. Nella legislazione europea, del resto, la protezione dei dati personali è strettamente legata alla identità personale ed anche alla dignità umana. Il GDPR, cogliendo il senso di questa fusione (nell’articolo 88 si parla esplicitamente di “salvaguardia della dignità umana”), stabilisce che ovunque i dati di un cittadino europeo vengano processati, vada applicata la normativa europea. Significa che il GDPR –con la stessa logica secondo la quale il passaporto lega strettamente il titolare alla sua nazionalità dandogli non tanto il diritto ad espatriare, quanto il diritto a rimpatriare – lega i dati alla persona fisica e non al territorio in cui tali dati giungono.

Per dirla con i termini usati dal professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione all’Università di Oxford Luciano Floridi, siamo organismi informazionali (inforg) reciprocamente connessi e parti di un ambiente informazionale (infosfera) che condividiamo di continuo. Le informazioni personali giocano quindi un ruolo fondamentale rispetto al “chi siamo” e al “chi possiamo diventare”. Spesso proteggere la privacy delle persone significa proteggere la loro stessa identità e natura, poiché ormai i nostri dati non sono più qualcosa di accessorio, ma essenza e sostanza.

Se paragoniamo la vita alla narrativa, qui intesa come trascrizione artistica di vicende reali, va detto che essa viene in gran parte scritta da autori diversi dal “noi”. Ognuno, però, può apportare il proprio personalissimo contributo a questa stesura attraverso la cultura della privacy. Una sfida che, come rileva appunto lo spot del Garante per la Protezione dei Dati Personali, è possibile vincere solo insieme, partendo tuttavia da una individuale  consapevolezza