I tre corpi del potere
di Vanni Codeluppi
I teologi medioevali sostenevano che il corpo delle persone dotate di maggior potere possiede una duplice natura. Come è stato infatti indicato dallo storico tedesco Ernest Kantorowicz nel volume I due corpi del Re, si riteneva che i Re avessero allo stesso tempo un corpo «mistico», che è innaturale e perciò non può morire, e un corpo «naturale», soggetto al deperimento e alla morte. Avevano cioè un corpo che rappresentava un’incarnazione del divino (e perciò destinato ad essere eterno) e un corpo umano (dunque fatto di povera carne mortale). Ne conseguiva che i Re potevano ammalarsi, invecchiare e morire come tutti gli individui, ma ciò non intaccava minimamente la stabilità e la potenza di quell’istituzione regale a cui appartenevano. Ciò consentiva che, dopo la morte del Re, il potere non passasse direttamente al successore dinastico, ma venisse trasferito ad esso solo al momento della cerimonia dell’incoronazione.
Tutto questo rimane sostanzialmente in piedi anche nell’epoca contemporanea. I politici di oggi, infatti, cambiano costantemente, mentre il ruolo di potere che essi rivestono rimane stabile nel tempo. Così, anche il loro corpo può essere considerato, allo stesso tempo, mortale e immortale. Quello che però oggi è differente è che il potere politico ha l’obbligo di confrontarsi costantemente con il mondo dei media. Ed appare con sempre maggior evidenza che tale mondo ha determinato la comparsa di un terzo tipo di corpo. Abbiamo cioè a che fare con il corpo divino e immortale e con il corpo umano e mortale, ma anche con il nuovo corpo virtuale dei media. Un corpo dalla natura paradossale, perché non è né immortale né mortale.
Ma il corpo virtuale creato dai media è paradossale, anche perché è soggetto a un processo congiunto di “sacralizzazione” e “desacralizzazione”. Infatti, lo sguardo dei media valorizza e “sacralizza” l’individuo di potere, creando attorno ad esso una specie di “aura” che estende la presenza del corpo al di là dei suoi limiti fisici e che può richiamare le tradizionali aureole dei santi presenti nei dipinti della pittura medioevale e rinascimentale.
Allo stesso tempo, però, il potente viene anche umanizzato e privato della sua aura. Perché gli uomini politici sono sempre più “desacralizzati” dallo sguardo dei media, che penetra in profondità e avvicina lo spettatore ai rappresentanti del potere. Si pensi, ad esempio, al fatto che i politici hanno dovuto abituarsi a una progressiva disgregazione di quella barriera simbolica che tutelava in precedenza la loro vita privata. Del politico, infatti, oggi al pubblico interessa tutto: la famiglia, ma anche il tempo libero, l’abitazione, la sessualità, ecc. Di conseguenza, la politica ha dovuto progressivamente adottare quel linguaggio del gossip che è caratteristico del mondo del divismo.
Ma si pensi anche a come la progressiva crescita d’importanza della televisione nell’ambito della politica abbia fatto emergere la necessità per i leader di dimostrare di possedere una perfetta capacità di controllo del proprio corpo e delle proprie emozioni davanti alle telecamere. Andare in televisione, per i politici, ha voluto dire affrontare dei nuovi rischi, in quanto in tale mezzo, a causa delle ridotte dimensioni dello schermo, è indispensabile comunicare attraverso i primi piani. Così, come ha scritto il mediologo statunitense Joshua Meyrowitz nel volume Oltre il senso del luogo, «Le telecamere invadono le sfere individuali dei politici come spie che penetrano nei retroscena. Li osservano sudare, li vedono fare delle smorfie dopo una frase mal riuscita, li registrano freddamente quando soccombono alle emozioni e quasi annullano la distanza tra pubblico e attore» (p. 462). Quello che accade, dunque, è che i politici in televisione subiscono generalmente un processo d’indebolimento di una parte consistente del loro potere e della loro capacità di seduzione. Nonostante ciò, poiché la forza persuasiva della televisione è molto elevata, la politica cerca comunque di sfruttare tale forza a proprio vantaggio.
Va considerato inoltre che oggi il potere dei politici è indebolito anche da quel ruolo particolarmente invasivo che viene rivestito dagli strumenti digitali della comunicazione. Strumenti che impongono ai politici di adottare una strategia che produca l’effetto di suscitare nelle persone comuni una sensazione di somiglianza e vicinanza nei loro confronti. Ma, se i politici sono mostrati come delle persone simili a tutte le altre, ciò determina inevitabilmente anche la messa in evidenza di molte delle loro debolezze.
E diventa sempre più difficoltoso anche distinguere tra quello che è vero e quello che è falso. Perché oggi, più che in passato, la politica deve essere in grado di convivere con il mondo delle emozioni. Vi predomina infatti una continua ricerca di situazioni private e coinvolgenti che impedisce di cogliere la presenza di eventuali incoerenze e mette in crisi la fiducia nelle capacità del pensiero razionale.