Il welfare e le sfide della digitalizzazione

di Lara Chirico

La capacità di tenuta del sistema del welfare italiano è messa quotidianamente a dura prova. Non sempre si riesce a stare al passo con i bisogni dei cittadini, a maggior ragione in una società sempre più frammentata e individualizzata.

Considerando che “digitalizzazione ed innovazione” rappresentano uno dei tre assi strategici del cosiddetto Recovery Plan, più propriamente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è utile considerare quanto e perché  queste due parole chiave possano rappresentare le leve giuste per superare anche le principali criticità del welfare.

La “rivoluzione digitale” porta con sé cambiamenti che incidono profondamente sul nostro modo di vivere, lavorare e, in molti casi, determinano cambiamenti strutturali per interi settori. Tra le più importanti innovazioni digitali si annoverano app, piattaforme e dispositivi mobili, sensori e oggetti connessi che concorrono a formare il concetto di “Internet of Things” (IoT), robotica, stampa 3D, intelligenza artificiale e machine learning, realtà aumentata e realtà virtuale, dispositivi “wearable”.

Essendo quello del welfare un settore incaricato di fornire servizi per le persone, è evidente come esso non debba essere immune dagli effetti della rivoluzione digitale, che trasforma profondamente i modelli di servizio, ridefinendo luoghi e modalità di erogazione, nonché ruolo di utenti ed operatori.

Altro motivo per cui occorre guardare con positività all’uso nel welfare delle nuove tecnologie digitali è la scarsa diffusione di queste ultime nei servizi alle persone. Sembra un paradosso, ma il fatto che l’innovazione si sia solo timidamente affacciata nei servizi sociali e socio-sanitari del nostro Paese ci indica che le sue potenzialità devono ancora trasformarsi in capacità di impatto per il sistema di servizi.

Di certo è opportuno rifuggire dalla “logica ottimista a prescindere” quando si pensa alla capacità delle innovazioni digitali di risolvere molti dei problemi del sistema di welfare. Tuttavia, il fatto che in altri settori la trasformazione digitale sia già stata portata avanti e abbia consentito di introdurre nuove modalità di interazione con gli utenti, di co-produzione di valore e generazione di effetti positivi, non può che essere un segnale importante anche per il welfare italiano.

Che cosa manca allora per una vera innovazione digitale nei servizi di welfare?

Un primo aspetto, che comporta lentezza nell’adozione di processi di innovazione tecnologica digitale nei servizi sociali, è legato a fattori culturali. Si parte dall’assunto che i servizi di welfare non possano prescindere dalla dimensione relazionale e che la digitalizzazione distrugga tale dimensione. Il secondo aspetto è legato all’approccio adottato fino ad oggi nella maggior parte dei casi, approccio in base al quale quasi sempre è la tecnologia a trainare l’innovazione e non viceversa. Ciò che probabilmente manca al settore non è tanto la disponibilità di risorse, che resta comunque un tema centrale quando si parla di innovazione e sostenibilità, ma un orientamento all’innovazione dei modelli di servizio. Un orientamento che passi anzitutto per il tramite di una riflessione ex-ante su quali servizi si immagina essere necessari e quali finalità si vogliano perseguire.

Solo una volta individuate chiaramente le finalità dell’innovazione del servizio ci si potrà interrogare sul ruolo delle tecnologie digitali per il raggiungimento di obiettivi specifici e soprattutto ci si potrà chiedere quali fra quelle esistenti sono le più adatte a rispondere in modo più appropriato ai fabbisogni individuati.

In quest’ottica, la tecnologia informatica utilizzata da uno dei principali attori del welfare italiano, l’INPS, è storicamente uno dei fattori chiave dell’efficienza gestionale dell’Istituto, avendo permesso nel tempo di erogare, in maniera anche completamente telematizzata, una grande quantità di servizi ad un considerevole numero di utenti, ma anche di conseguire importanti recuperi di produttività, persino a fronte di una progressiva diminuzione del numero di dipendenti e della costante riduzione del budget per le spese di informatizzazione.

Gli ambiti di intervento dell’INPS sono molteplici, così come l’insieme dei servizi offerti. Servizi per i quali è stata definita una sempre più chiara strategia d’erogazione incentrata sull’utente (cittadini, imprese, intermediari, pubbliche amministrazioni, stakeholders).

Le linee di innovazione che hanno orientato l’operato dell’Istituto durante il percorso di trasformazione digitale sono coerenti con la normativa CAD e le linee guida AgID e si innestano nell’ambito delle iniziative di e-government della PA per migliorare i servizi ed elevare i livelli di interattività con gli utenti, cogliendo così le opportunità offerte dalle nuove tecnologie abilitanti.

In linea con il Piano Triennale della Pubblica Amministrazione, la nuova architettura del Piano Strategico ICT per il triennio 2020-2022 propone l’INPS quale protagonista del sistema di welfare italiano, ponendosi come “hub” tecnologico e gestionale al servizio dei cittadini, delle altre Pubbliche Amministrazioni e del Paese, permettendo interazioni di soggetti diversi all’interno di ecosistemi digitali multi-stakeholder.

In questo contesto, la logica ispiratrice dell’Istituto non è solo quella di intervenire per migliorare l’esistente, recuperare ulteriori margini di efficienza interna, ma anche quella di tentare sempre più di allineare l’offerta di servizio agli standard di riferimento della customer experience, declinati in un contesto di utenza numerosa, che dimostra esigenze molteplici e peculiari e che non può più essere gestita con logiche territoriali e settoriali, poiché è sempre più connotata da mobilità e dinamicità, anche lavorativa.

L’utenza ha dimostrato, infatti, che non percepisce più come valore la sola efficienza o la tempestività  dell’erogazione delle prestazioni, che vanno comunque assicurate, ricercando un’esperienza integrale, una presa in carico qualificata dei propri bisogni, la quale assicuri un’assistenza di lungo periodo, che aiuti a fare le scelte e a valutarne le conseguenze, che sfrutti tutte le opportunità coerentemente con il proprio profilo lavorativo/imprenditoriale o in relazione al proprio stato di debolezza sul piano socio-economico o sanitario.

Le opportunità offerte dalla trasformazione digitale devono, dunque, essere sfruttate per formulare una nuova architettura del valore, intesa come insieme di processi e servizi che descrivono quali sono i servizi che l’Istituto vuole offrire e per quale motivo.

In occasione dell’audizione sul Recovery Plan alla Camera dei Deputati del 3 febbraio scorso, il Presidente dell’INPS Pasquale Tridico ha dichiarato che le iniziative digitali che l’Istituto chiede di inserire “sono coerenti con le misure europee e sono già cantierabili in virtù della continua programmazione operativa e gestionale di medio e lungo termine”. In quella circostanza egli ha proposto di valorizzare il ruolo che l’Istituto può avere in quanto Ente attuatore di progetti trasversali per garantire la realizzazione del Recovery Plan e per la creazione di un polo strategico del welfare su infrastruttura digitale INPS, INAIL e ISTAT, indicando quali obiettivi comuni quelli di seguito riportati:

  • attuare politiche attive del lavoro;
  • migliorare le competenze dei lavoratori e dei disoccupati;
  • rispondere ai nuovi fabbisogni derivati anche dall’innovazione digitale (qualità della domanda e corrispondente offerta di lavoro).

Solo grazie all’integrazione dei servizi resi dall’ecosistema digitale in modo unitario, oltrepassando i confini della singola amministrazione, la gestione dell’utente potrà avvenire in modo sempre più “pervasivo”.