La nuova “rivoluzione verde” passa da Twitter e Instagram
di Pio Di Leonardo
Il 2021 è cominciato, almeno per quanto concerne l’Unione Europea, con un proposito importante dal quale potrebbe dipendere il futuro delle prossime generazioni e dell’intero pianeta: il “Green New Deal”. Si tratta di un nuovo pacchetto di riforme e investimenti per la transizione verso un’economia sostenibile, che potrebbe rappresentare la riscossa del nostro continente dopo la crisi da Covid-19.
Il New Deal, ricorderanno bene tutti gli appassionati di storia, fu un piano di riforme economiche e sociali promosso dal presidente statunitense Roosevelt fra il 1933 e il 1937, allo scopo di risollevare il Paese dalla Grande Depressione che aveva travolto l’America a partire dall’ottobre del 1929. Oggi il New Deal è diventato “Verde”. La proposta politica è arrivata nel 2019, ancora una volta dagli Stati Uniti, grazie alla democratica Alexandria Ocasio-Cortez, la più giovane deputata della storia americana.
Una rivoluzione “green”, partita direttamente da Internet e dai social network in particolare, motivo per il quale questo tema ha fatto breccia in fretta nei cuori delle nuove generazioni. Tutto nasce, infatti, da alcuni tweet proprio della deputata Ocasio-Cortez nell’estate del 2019. “Il Green New Deal decarbonizzerà la nostra economia, non lasciando indietro alcuna comunità, inclusi i diritti dei lavoratori, l’assistenza sanitaria e i salari” scriveva sul social la giovane deputata, lanciando l’idea del Climate Equity Plan, insieme all’attuale Vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. Da qui, Green New Deal è diventata un’espressione comune per indicare le politiche di transizione nei confronti di un’economia verde e sostenibile.
La filosofia della nuova rivoluzione verde è stata rivelata, sempre su Twitter, da Ocasio-Cortez che ha affermato “Un Green New Deal è più del passaggio alle energie rinnovabili. Si tratta di prestare attenzione alle comunità vulnerabili: persone comuni la cui acqua è avvelenata, le cui pensioni vengono derubate”, specificando inoltre che trattasi di “un massiccio piano di creazione di posti di lavoro e infrastrutture per decarbonizzare e aumentare la qualità del lavoro e della vita”.
Nonostante l’ostruzionismo dell’ex presidente americano Donald Trump, gli Stati Uniti sono stati, quindi, il primo Paese a discutere questo pacchetto di riforme verdi. L’idea del piano è che la crisi climatica contenga tutte le altre crisi e che la lotta per il raggiungimento degli obiettivi ambientali vada di pari passo con quella per gli obiettivi sociali.
Trump, però, non ha mai inserito il Green New Deal tra gli impegni della sua agenda, dimostrando in più occasioni di non credere al riscaldamento globale. Sempre su Twitter, (The Donald non ha mai nascosto che fosse il suo social network preferito), già nel novembre 2012 aveva affermato di considerarlo “un’invenzione dei cinesi per rendere meno competitive le industrie americane” e, più recentemente, in occasione della straordinaria ondata di gelo che aveva interessato il Paese si è chiesto dove fosse finito il riscaldamento globale: “Nel meraviglioso Midwest, le temperature del vento gelido hanno raggiunto i -60 gradi, le più fredde mai registrate. Cosa diamine è successo al riscaldamento globale? Per favore torna in fretta, abbiamo bisogno di te!”.
Dagli USA, il Green New Deal è arrivato anche in Europa, dove il “ciclone” Greta Thunberg, l’attivista più influente al mondo, ha incoraggiato uno stile di vita più sostenibile e ambientalista. L’opinione pubblica e in particolar modo le nuove generazioni sono consapevoli che i cambiamenti climatici sono una minaccia enorme per il pianeta. Per superare tali sfide, l’Unione Europea ha compreso di aver bisogno di una nuova strategia per la crescita, che la trasformi in un’economia più moderna. Il Green Deal europeo prevede un piano d’azione volto a promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare, ripristinando la biodiversità e riducendo l’inquinamento.
Secondo un sondaggio della Commissione Ue, il 93% degli europei considera infatti il surriscaldamento globale un problema grave: la campagna di Greta Thunberg, insieme ai disastri naturali come gli incendi in Amazzonia, Australia e Siberia e lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide, hanno lasciato un segno profondo nell’opinione pubblica, soprattutto tra i ragazzi dei Fridays for Future, che hanno sfidato i Capi di governo a mantenere le loro promesse in tali ambiti e, se possibile, ad osare ancora di più.
Ma facciamo un passo indietro. Chi è Greta Thunberg? Perché è diventata così famosa e che strategie di comunicazione e marketing ha utilizzato per sensibilizzare l’opinione pubblica verso le sue battaglie ecologiste e verso il Green New Deal?
Greta è una ragazza svedese che ha ispirato il movimento degli studenti per chiedere ai governi politiche più serie contro il riscaldamento globale. Sin da bambina, è stata attratta da tematiche quali il riscaldamento climatico e l’inquinamento e, ogni settimana, munita dell’ormai celebre cartello “Skolstrejk för klimatet” (“Sciopero scolastico per il clima”) si presentava davanti al Riksdag, la sede del Parlamento svedese, a Stoccolma. L’escalation è stata rapida e incredibile ed ha portato la giovane a parlare davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite, rendendo questa battaglia un fenomeno mondiale che ad oggi riporta adesioni da tutte le parti del globo. Persino il Time l’ha incoronata Persona dell’anno nel 2019, la più giovane di tutti i tempi.
Ma quali sono i fattori scatenanti della capacità di coinvolgimento ed attrazione della giovane svedese? Innanzitutto, la chiarezza del messaggio e l’eliminazione dei concetti ridondanti che non servono alla comunicazione del concetto di cui ci si fa portavoci. La sua innata capacità di leadership nei confronti dei coetanei. La sua perseveranza, che l’ha vista presentarsi settimanalmente davanti alla sede del Parlamento svedese, creando un punto di riferimento e una data simbolo per tutti gli attivisti degli scioperi scolastici. Questo ha permesso anche ai media di organizzare le riprese della protesta, cavalcando così l’audience mediatico. A contribuire al suo successo sono stati, senza dubbio, anche i cosiddetti haters. Giornalisti, politici (si vedano i tweet al veleno di Donald Trump nei confronti della giovane) e gente comune che hanno, involontariamente, contribuito a dar voce alle sue battaglie. “Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli” diceva Oscar Wilde dopotutto…
In ultimo, e non certo per importanza, la capacità di utilizzare i social network. Di lei si sono interessate, innanzitutto, le testate scandinave e poi via via quelle europee. Ma, indubbiamente, più della stampa, è stata la sua padronanza di Instagram, dove ha postato con precisione una storia ogni settimana per raccontare il suo sciopero, che ha abituando i propri followers a ritornare sul suo profilo e ad emulare le sue gesta. Factory Communication ha analizzato anche la pagina Facebook della giovane attivista, notando però che il seguito, qui, è decisamente più basso.
Greta è, quindi, riuscita a far breccia nel cuore del giusto target utilizzando una modalità comunicativa corretta e vincente. Ciò ha permesso, soprattutto per il tramite di Twitter, altro social da lei molto spesso utilizzato, che tutto il mondo venisse a conoscenza della sua battaglia.
L’hashtag #FridaysForFuture, che rappresenta il giorno settimanale in cui avviene la protesta contro il cambiamento climatico, è arrivato in breve tempo in cima ai trend topic mondiali. La Thunberg ha continuato a pubblicare giornalmente, anche e soprattutto durante il lockdown, contenuti sui suoi profili Twitter e Instagram. Ad oggi, gli account presentano rispettivamente 4,6 e 10,5 milioni seguaci. Cifre da capogiro!
Ma i social come hanno influenzato il Green New Deal e, più in generale, l’ondata ambientalista? Le ricerche sulla relazione tra l’uso dei social e l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici suggeriscono diversi impatti positivi. I social media incoraggiano, infatti, una maggiore conoscenza del problema del cambiamento climatico, e favoriscono la mobilitazione degli attivisti. Tuttavia, forniscono anche lo spazio per inquadrare il cambiamento climatico in una prospettiva di scetticismo, dando spesso spazio a fake news sull’argomento. Secondo i dati raccolti dalla Oxford Research Encyclopedias, il 7% dei cittadini americani condivide informazioni sul riscaldamento globale su Facebook o Twitter e il 6% ha pubblicato un commento online su tale argomento. Dalle discussioni su Twitter ai commenti sulle notizie, fino alle ricerche online, non mancano le prove delle relazioni tra uso dei social media e opinione, conoscenza e comportamento delle persone intorno al problema del climate change.
I social media incoraggiano una maggiore conoscenza del cambiamento climatico, la mobilitazione dei giovani attivisti e forniscono uno spazio per discutere del problema: le migliaia di studenti scese nelle piazze di tutto il mondo sono la conferma di questo potere di condivisione e aggregazione dei social.
Milioni di persone, in particolare i giovani, chiedono una svolta ecologica equa e votano perché essa si realizzi (basti pensare che l’attuale Parlamento Europeo non ha mai visto così tanti esponenti dei Verdi seduti tra le sue fila). Il potere dei social oggi è anche questo. Dare la spinta a una rivoluzione “green”, che potrebbe rappresentare il trampolino di lancio di un intero continente per la ripresa dopo la crisi da Covid-19. Il tutto è partito da un semplice tweet di una giovane deputata d’oltre oceano! La prova che la comunicazione digitale può essere utile e può creare cittadini migliori in un mondo migliore.