La trappola AstraZeneca
di Giovanni Orsina
Una volta emersa, l’informazione, tanto più se ha a che fare con la vita e la morte, genera un’onda emotiva. In nome di una qualità della democrazia che è più preziosa ancora della trasparenza, il valore unico di ciascun individuo. Basterà che quell’onda raggiunga dimensioni appena rilevanti perchè la politica ne sia intrappolata: non potrà che intervenire, subito, a qualsiasi costo. E poco importa se per risolvere il problema di oggi porrà le premesse perchè sorgano difficoltà ancora maggiori in futuro, l’urgenza si è assolutizzata e le ha rubato il tempo, rendendo irrilevante quel che accadrà domani. Poco importa insomma, nel caso specifico, se fermando la campagna d’immunizzazione avremo con certezza più morti per la malattia di quanti non ne avremmo avuto per le eventuali controindicazioni del vaccino. I morti da Covid sono un problema di domani, quelli da vaccino lo sono di oggi. Per un paradosso ulteriore, la trappola antipolitica che inceppa oggi la lotta la virus assomiglia a quella nella quale è stata chiusa fin dall’inizio tutta la strategia anti-Covid. Da un anno ormai per combattere la pandemia mettiamo in serbo problemi per il futuro: l’incultura e l’indisciplina delle generazioni della didattica a distanza, i fallimenti e la disoccupazione, le depressioni, gli altri malanni lasciati senza cura o prevenzione, il debito pubblico. Ora, è evidente che la somiglianza fra la piccola trappola antipolitica del caso AstraZeneca e quella ben maggiore della lotta al Covid vinee meno quando si consideri la diversa pericolosità del virus e del vaccino. Resta però vero che in entrambi i casi la politica ha visto quasi del tutto disseccata la propria discrezionalità, si è trovata rinchiusa in un “non ci sono alternative” e schiacciata sulle urgenze del presente.
Ma quando il domani verrà, sarà pur sempre alla politica che i cittadini chiederanno conto delle conseguenze delle scelte fatte oggi. Toccherà al governo Draghi la responsabilità del rallentamento della campagna d’immunizzazione causato dalla sua stessa scelta “obbligata” di sospendere l’uso del vaccino AstraZeneca. Sarà la politica di domani a dover gestire l’incultura e l’indisciplina, la disoccupazione e il debito generati dai lockdown “obbligati” di oggi. E dovrà farlo sotto l’urgenza emotiva dei problemi di domani, senza potersi curare delle difficoltà ulteriori che starà lasciando in eredità al posdomani. Un meccanismo perverso, giorno dopo giorno, devastante per la credibilità della politica.
Si capisce un po’ meglio, allora, fino a che punto certe caratteristiche considerate tipiche del populismo – emotività, subordinazione del futuro al presente, rifiuto dell’evidenza empirica – lo siano davvero, e quanto invece appartengano a tutta la politica contemporanea. Per certi versi i populisti sono serviti anzi da capro espiatorio: gli è stata attribuita la responsabilità di problemi ben più grandi di loro. Anche se, sia chiaro, il loro bel contributo lo hanno dato eccome. Ma adesso che il populismo sta rifluendo, almeno per il momento, la base storica più larga dalla quale è scaturito si fa ogni giorno più visibile. E non abbiamo più nemmeno un barbaro da incolpare. “Era una soluzione come un’altra, dopo tutto…”.
* L’articolo è stato pubblicato stamane dal quotidiano La Stampa. Si informano i lettori di MICS che in giornata l’Ema ha deciso che AstraZeneca è sicuro ed efficace. Da domani 19 marzo riprenderanno le vaccinazioni con questa tipologia di prodotto