Le nuove sfide della cultura in un anno ancora segnato dalla pandemia

di Lucia Ritrovato

“Netflix della cultura” sì o no? Il tema ha infiammato il dibattito nel mondo della cultura e degli spettacoli nel corso dell’ultimo anno, da quando il Ministro della Cultura Dario Franceschini ad inizio pandemia ha lanciato l’idea di una piattaforma sul modello del colosso americano dal nome “ITsART”. Dedicato esclusivamente al teatro, la musica, la danza ed ogni forma di arte la piattaforma vuol essere il nuovo palcoscenico virtuale in cui celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme a beneficio del pubblico di tutto il mondo.

Gli italiani sul tema “cultura” si dividono (quasi) a metà. Lo dimostra una ricerca sui nuovi modelli di fruizione culturali durante il 2020 effettuata all’interno del Master in Comunicazione e Marketing politico e istituzionale della Luiss in collaborazione con l’Istituto Piepoli. Ricerca effettuata su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 anni in su. Il 49% per l’esattezza si è detto favorevole ad una piattaforma OTT (over the top) dedicata interamente alla cultura. Il 23% degli intervistati ha risposto con un “probabilmente sì” e solo il 5% degli intervistati ha dichiarato di non avere alcun interesse nel progetto. Un dato decisamente molto basso.

L’interesse per la piattaforma si è rivelato alto nella fascia più giovane, quella cioè tra i 18 e i 34 anni (70%). Valore ancora più elevato nella fascia over 55 anni (76%). Sulla modalità di acquisto dei biglietti per l’eventuale accesso alla piattaforma d’utilizzo, il 62% dice di preferire la modalità del singolo biglietto scegliendo di volta in volta il concerto, il 28% invece un abbonamento.

È la smart tv, più che il pc il device preferito dai consumatori. Il 46% dei 500 intervistati utilizzerebbe maggiormente la smart tv, il 24% il pc, il 20% entrambi. Solo il 10% del pubblico intervistato dice di non guardare eventi digitali.

Una fotografia questa di cui tutte le Istituzioni culturali, musei, enti lirici devono aver contezza, indipendentemente da quello che diventerà la piattaforma ITsArt. E ciò al fine di progettare il futuro. Il 2021 si confermerà come l’anno delle sfide, delle visioni e del coraggio, prima dell’agognato ritorno al contatto diretto con l’arte e i live.

Nel 2020 le nuove tecnologie e la forza del digitale hanno assunto un ruolo decisivo per non disperdere quel legame fortissimo sviluppatosi tra l’uomo e la cultura e il web è stato “invaso” per mesi, a partire dallo scorso marzo, di podcast letterari, live concert, streaming e reading, pièce teatrali on demand. Ora, ed i dati lo segnalano chiaramente, il pubblico si è mostrato più “abituato” ad un linguaggio e ad un’unica piattaforma dedicata alla cultura, come quella proposta da Franceschini. Vedremo quale impostazione e quale direzione avrà.

Sul piatto ci sono due domande evidenti: riuscirà una piattaforma OTT a rappresentare il sostentamento di intere filiere produttive legate al mercato culturale? Riuscirà a farlo mettendo insieme produzione, distribuzione, monetizzazione? Si tratta di una questione tanto più importante quanto più grave è stata finora la crisi dell’intero settore delle produzioni live con la perdita stimata da Federculture di oltre il 40% sui bilanci degli enti culturali. Pesantissime le conseguenze sui livelli occupazionali di un mondo già contrassegnato dalla precarietà di diverse figure professionali. Dalla frase “con la cultura non si mangia” a quella “con il web non si mangia” è un attimo. Tutti gli sforzi devono perseguire l’evidente scopo di creare sostentamento alla filiera e non solo quello di colmare un vuoto dettato dall’assenza di live.

Altra questione è cosa si aspetta il pubblico a casa disposto ad acquistare spettacoli on demand? Appare necessario ragionare sulle leve che possono attirare quel pubblico prima abituato a usufruire di esperienze dal vivo e (perché no?) incuriosire fette di mercato che per ragioni diverse, ad esempio la distanza dai luoghi della cultura, non hanno avuto finora consuetudine con questo tipo di attività.

La sfida risiede e risiederà nel progettare una differente programmazione dettata non più dalle “solite” stagioni ma dai tempi di una pandemia che ha costretto a ripensare totalmente le mission aziendali. E in una migliore qualità volta alla partecipazione del pubblico, che si crea quell’esperienza unica che solo l’arte, abbracciando l’innovazione, può offrire. In ultimo, nella qualità dell’informazione e formazione che ogni settore culturale riuscirà a definire. Ed è così che musei, enti lirici, sale da concerto dovranno guardare al 5G, alla realtà aumentata, all’intelligenza artificiale per continuare a sperimentare un nuovo incontro con il suo pubblico sapendo che ogni periodo storico, anche quello più drammatico, ha una sua opportunità.