Le riviste aziendali in tempo di pandemia

di Serena Scarpello

Sul nuovo numero di “Bulletin”, la più antica rivista bancaria del mondo (fondata nel 1895) si parla dei nuovi paradigmi: della finanza ma anche dell’arte, dell’ambiente e della salute. Si parte dall’assunto che la pandemia da Covid19 ha cambiato la vita per sempre, e su più fronti, e si approfondiscono i diversi ambiti grazie al coinvolgimento di chi ha la credibilità per farlo. Non solo i manager di Credit Suisse titolati a parlare degli effetti che ha subito il mercato, ma anche il Direttore della National Gallery di Londra, Gabriele Finaldi: chi meglio di lui, specializzato in pittura barocca, può raccontarci la storia dei capolavori nati proprio durante una crisi?

Ad esempio “Erba lunga con farfalle” di Van Gogh del 1890, uno dei suoi dipinti più belli, è frutto di una lunga degenza presso l’ospedale di Saint-Rémy di Arles, durante la quale egli trovò conforto nell’osservazione della natura e del paesaggio circostante. 

O “Pace e Guerra” di Rubens realizzato nel 1629 come dono per il re inglese in un momento in cui i negoziati di pace nella guerra anglo-spagnola erano in stallo. 

La creatività che nasce nei momenti di crisi può fare la sua parte. Non solo, come in questi casi celebri raccontati da Finaldi, attraverso grandi opere d’arte ma anche attraverso tutto ciò che viene creato e pensato per far discutere,  riflettere, analizzare o semplicemente per descrivere il presente. E così lo stesso numero di “Bulletin” diventa luogo di riflessione sui nuovi paradigmi, come in passato altre riviste aziendali hanno fatto nelle epoche in cui hanno avuto la possibilità di esercitare un ruolo. 

La stagione in cui è nata la gran parte dei magazine aziendali in Italia va, non a caso, dalla fine degli anni ‘40 alla fine degli anni ’60: finita l’economia di guerra e apertasi sia pur in forma prodromica la società dei consumi, in parallelo con la crescita e la maturità dell’editoria, sono emerse riviste che hanno fatto la storia della comunicazione come “Bellezza d’Italia” (Dompè, 1947), “Pirelli – Rivista di informazione e tecnica” (Pirelli, 1948), “Civiltà delle Macchine” (Finmeccanica, 1953), “Il Gatto Selvatico” (Eni, 1955), solo per citarne alcune.

Gli stessi premi letterari sono nati in quel particolare momento storico (e non solo in Italia): il Premio Strega è del 1947, il Premio Bancarella del 1952, il Campiello del 1962, il Pulitzer del 1948, il National Book Award del 1950 e il Man Booker Prize del 1968.

Negli anni del dopoguerra è cresciuta l’alfabetizzazione e la lettura è diventata sempre di più pratica quotidiana. Per questo molte aziende (illuminate e lungimiranti) hanno pensato di fondare le proprie riviste, non tanto per parlare di loro (anzi, quasi per nulla per parlare di loro) quanto per diffondere conoscenza e dare un servizio alla comunità che era affamata di sapere.

Un nuovo modo di fare comunicazione che portò i grandi poeti, letterati, artisti e giornalisti del tempo a trascorrere molto tempo all’interno delle stesse aziende e raccontare la storia attraverso valori comuni: Dino Buzzati, Indro Montanelli, Giuseppe Ungaretti, Gio Ponti, Eugenio Montale, Umberto Eco. 

Una storia che oggi si ripete e che vede magazine aziendali che rinascono, si ripensano, si ridisegnano, si riconsiderano per tornare in prima linea nel dibattito culturale. Un pò perché le aziende hanno molto da dire, e forse sono stanche di farlo solo per slogan su canali social che, per forma e contenuto, sono sempre più difficili da assecondare (e scrivo questo mentre è iniziata la corsa alla costituzione della room più cool su Clubhouse). Un pò perché una rivista come “Bulletin”, o come  altre, racconta le storie di tutti noi. E lo fa con l’eleganza e la sintesi che solo la carta, ai tempi di oggi, può ancora riservare. 

Una di queste è il ‘Giornale del Quartetto’, fondato insieme alla stessa azienda nel 1864 da Arrigo Boito e Casa Ricordi, che proprio nel 2020 ha ripreso le sue pubblicazioni: diretto da Biagio Scuderi (già direttore del magazine di musica classica “Amadeus”) è un periodico mensile immaginato come luogo di confronto tra le diverse arti, all’interno del quale “studiosi, addetti ai lavori, artisti e manager di settore offrono di volta in volta il proprio punto di vista per alimentare un dibattito che riteniamo urgente e indispensabile”.

La rivista già nella seconda metà dell’800 era diventata un punto di riferimento del settore e oggi che “le riviste verticali scarseggiano e le sale sono chiuse, mi sembrava il momento perfetto per farla rinascere”, racconta Scuderi. L’idea è quella di distanziarsi il più possibile dal classico house organ per coinvolgere più mondi proprio con l’intento di offrire ai lettori un’analisi che credibile e completa allo stesso tempo.

Nel primo numero della nuova edizione, ad esempio, la Direttrice Artistica del Teatro Parenti Andrée Ruth Shammah si chiede “come saremo dopo”, partendo da un prima in cui “ci sono voluti anni per raggiungere il traguardo di un teatro pieno in tutte le sue sale, con la gente seduta a mangiare e parlare prima e dopo gli spettacoli, con i bagni misteriosi dietro le finestre del grande foyer”. Mentre nell’ultimo numero troviamo il ricordo del regista e scrittore Roberto Andò, del suo Maestro Leonardo Sciascia, in occasione del centenario dalla nascita. 

“E’ responsabilità di un’azienda costruire la sua narrazione, specie in un momento come questo, aggiunge Scuderi. Attualmente la rivista è l’unico modo che abbiamo per relazionarci con i nostri associati.”

E poi, chi meglio del Quartetto può aprire un dibattito sul futuro della musica classica (e non solo), nell’anno in cui la musica è venuta a mancare ?