Like or life: “TikTok” e i minori

di Leyla Speziali

Quando un bambino muore si rimane sempre sgomenti, senza parole. A maggior ragione quando ciò avviene perché l’evento tragico avente come protagonista un soggetto in età evolutiva perde la vita per dare seguito ad una sfida lanciata su un social network. Allo shock si aggiunge un senso di impotenza ed incertezza difficili da sedare.

È il caso della piccola Antonella, bambina palermitana di dieci anni, che – nei giorni scorsi – si è chiusa in bagno, ha stretto attorno al suo esile e fragile collo la cintura di un accappatoio fino a non respirare più. Un brutto voto a scuola? Aveva litigato con i fratellini? Aveva ricevuto un rimprovero dalla mamma o dal papà? No! Nulla di tutto ciò. Dalle prime indagini, pare che il gesto sia stato compiuto per partecipare ad una all’ennesima “blackout challenge” lanciata su TikTok. Una sfida che coinvolge i giovanissimi.

TikTok è il social networkmade in China” più in voga del momento, soprattutto tra i teenagers.

Chi entra in questa community può realizzare video, caricare foto e presentazioni, aggiungere filtri, musica, gif e tutta una serie di altri effetti per personalizzare i propri contenuti allo scopo di renderli unici. Come per la maggior parte dei social network più conosciuti, anche gli utenti di TikTok possono seguire altri profili e dimostrare il loro apprezzamento con like, commenti e condivisioni.

Chiaramente, l’obiettivo più ambizioso consiste nel raggiungere il maggior numero di followers e like possibile per diventare vere e proprie star del web in versione 2.0

Il dorato mondo di TikTok, che tanto sembra poter dare libero sfogo alla creatività e all’immaginazione dei suoi utenti, nasconde non poche contraddizioni ed insidie soprattutto dal punto di vista legale: prima fra tutte, quella legata alla tutela della privacy dei minori.

È vero che tra le limitazioni imposte dal social network vi è l’impossibilità per i minori di 13 anni di accedere alla community. Peccato che la vittima della presunta challenge avesse appena 10 anni e che – facendo un giro veloce tra gli account – ci si imbatte in altrettanti utenti della stessa età, quando non più piccoli e in provocanti e scabrosi video che talvolta vengono girati con la complicità dei genitori.

A questa contraddizione non è rimasto indifferente il Garante per la Privacy che, già nel dicembre 2020, aveva avviato un procedimento nei confronti di TikTok, ritenuto responsabile di quattro violazioni: la poca attenzione alla tutela dei minori; la facilità con cui i più piccoli possono iscriversi, aggirando la reale età anagrafica; la scarsa trasparenza e chiarezza nelle informazioni a disposizione degli utenti; infine, le impostazioni predefinite non rispettose della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.

Il social network, pertanto, è risultato irrispettoso della normativa italiana sulla privacy, in virtù della quale è obbligatorio ricevere il consenso autorizzato dei genitori per quei minori che hanno meno di 14 anni. In risposta a ciò, dal gennaio 2021, l’azienda cinese ha aumentato le limitazioni agli account dei minori di 16 anni per tutelarne la privacy, rendendo privati quei profili appartenenti ad utenti di età compresa tra i 13 e i 15 anni.

È evidente che tali misure non siano sufficienti a garantire un’effettiva tutela: per questo motivo e alla luce di quanto potrebbe essere accaduto alla piccola Antonella, che – è bene sottolinearlo – non sembra essere la prima vittima di sfide del genere riconducibili a TikTok, il 22 gennaio 2021 il Garante per la tutela dei dati personali ha disposto il blocco immediato dei profili di tutti quegli utenti dei quali non sia possibile accertare con buon margine di affidabilità l’età anagrafica. Questa misura, per il momento, resterà in vigore fino al 15 febbraio 2021. Nel frattempo, il divieto verrà notificato alle Autorità irlandesi, nel cui Paese è stato elaborato il primo database europeo di TikTok.

Dal punto di vista umano, l’unica cosa che in questa atroce vicenda lascia sperare è la generosità dei genitori di Antonella. Hanno acconsentito all’espianto degli organi rendendo migliore la qualità della vita di altri piccoli.