NextgenerationEU: per i giovani italiani certo soltanto il debito.

di Luciano Monti

Impatto ambientale e capitale umano

“NextgenerationEU” (NGEU), sin dalla sua denominazione, abbraccia il principio secondo il quale ogni azione volta a supportare la ripartenza dello sviluppo sostenibile, debba essere pensata in funzione delle future generazioni. Questa non è una novità, perché l’attenzione a chi vivrà nel nostro pianeta nei decenni a venire è la prospettiva insita nel concetto stesso di crescita sostenibile, una crescita che prima di ogni cosa deve tutelare il capitale naturale e il capitale umano presente e futuro.
In merito al capitale naturale, invero, anche prima dell’avvento della Pandemia, le scelte fatte da Bruxelles erano chiare, con il lancio del Green Deal europeo e dei suoi obiettivi, volti a spingere l’Europa verso una riduzione drastica dell’impatto ambientale delle attività umane e destinare una importante percentuale delle risorse proprie per il settennato 2021-2027 a questo scopo.
Sul secondo aspetto, quello della tutela e della valorizzazione del capitale umano, la direzione, al di là delle affermazioni di principio, è meno delineata, anche se la destinazione della grande maggioranza dei 750 miliardi di NGEU al dispositivo di Ripresa e resilienza (Il cd. Recovery Plan) denota un’attenzione particolare all’accompagnamento dei cittadini europei verso la transizione verde e digitale: un viaggio che auspicabilmente ci dovrebbe condurre verso un nuovo modello di società non solo più inclusiva, ma anche più competitiva e ricca di opportunità per tutti.
Possiamo allora concludere che NGEU è stato programmato per sostenere prevalentemente le nuove generazioni che, dalle analisi della Commissione stessa e dell’OCSE, sono quelle che hanno subito e subiranno nel breve-medio periodo maggiormente l’impatto socioeconomico della pandemia?

Focus sulle nuove generazioni

Per rispondere a questa domanda bisogna fare un altro passo, andando oltre la denominazione degli strumenti, degli obiettivi e le ingenti risorse economiche di cui sono i primi sono dotati.
I numeri che esprimono le risorse economiche, sono, infatti, come delle note, prese da sole costituiscono una unità elementare della scala armonica (tante o poche sono sempre un “la” un “si” un “sol” …), ma se inserite in uno spartito possono assumere infinite sfumature. Ecco perché, per capire a fondo il reale impatto che NGEU potrà avere sui giovani, è necessario collocare il programma all’interno del bilancio dell’Unione europea, vero e proprio “spartito” della strategia europea per gli anni a venire.
Come noto, il Quadro finanziario pluriennale (QFP 2021-2027) varato lo scorso dicembre, è costituito da sette rubriche così denominate: 1.  Mercato unico, innovazione e agenda digitale; 2.  Coesione, resilienza e valori; 3.  Risorse naturali e ambiente; 4.  Migrazione e gestione delle frontiere; 5.  Sicurezza e difesa; 6.  Vicinato e resto del mondo 7.  Pubblica amministrazione europea.
Ebbene, tutte le risorse di NGEU sono posizionate nella rubrica nr 2” coesione, la resilienza e i valori”. Dunque, sia il “recovery plan” che ReactEU sono inclusi in questa rubrica e ciò significa che tali strumenti saranno attuati nell’osservanza dei principi generali della politica di coesione economica sociale dell’Unione europea, che il Trattato dell’Unione dispone sia concorrente, cioè sia di supporto alle politiche di coesione messe in atto dai singoli paesi membri.
Seguendo questo ragionamento, quindi, per poter dare una risposta a sé e come NGEU potrà realmente accompagnare i nostri giovani e giovanissimi nel percorso dello sviluppo sostenibile, è necessario verificare le singole politiche nazionali e all’interno di queste, immaginare interventi differenziati in considerazione del livello di sviluppo delle singole realtà regionali, principio base degli interventi di etero compensazione della politica di coesione economica e sociale.

Ua preoccupante posizione di partenza

Il tema si sposta allora su due aspetti. Il primo è il punto di partenza della condizione giovanile in Italia, cioè l’intensità del divario generazionale nel nostro paese. L’indice del divario generazionale curato dalla Fondazione Bruno Visentini riporta che ancora nel 2019 esso era di 28 punti sopra lo stesso dato del 2004, a significare che per un ventenne del 2019 gli ostacoli frapposti alla piena realizzazione personale e professionale erano maggiori di oltre un quarto rispetto a un pari età di quindici anni fa. Una situazione che pone il nostro paese in fondo alla graduatoria dei paesi europei, dato confermato anche del numero dei NEET che la Penisola contava nel 2019 – due milioni di under 30- , diventati nel terzo trimestre 2020 oltre 2,1 milioni (Dati Istat). Se si includono anche gli under 35, l’ultimo dato disponibile segnala oltre 3,1 milioni di NEET. Nel nostro paese lo sviluppo del capitale umano espresso dalle generazioni più giovani è realmente a rischio, lo era prima della pandemia e lo è ancor di più ora. Se si aggiunge a questo anche le difficoltà patite dai giovanissimi studenti nei processi di didattica a distanza, verrebbe da dire che in testa alle priorità assolute, dopo quella della sanità, vi sia quella di programmare senza indugio un intervento coordinato e ad ampio respiro per i giovani.

La scelta del governo

La vera risposta alla domanda va dunque ricercata, nei documenti programmatici del governo che delineano il PNRR, cioè il piano di ripresa e resilienza nazionale grazie al quale saranno attivati, con la logica della politica di coesione, le risorse messe a disposizione da NGEU.
Come noto, nel documento di indirizzo in discussione al governo, la questione dei giovani è considerata una priorità trasversale, unitamente a giovani e a Sud. Nulla più per ora, nulla di meno. Sono soltanto parole che al momento nulla dicono circa il varo del patto per l’Occupazione giovanile che la stessa Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile traguardava per i 2020 e ancora meno sulla possibile strategia con strumenti ad hoc per la ripresa e la resilienza delle nostre giovani generazioni.
Troppo presto per giudicare dunque, ma  due cose sono certe: la prima è che, poiché 63,8 miliardi di sussidi saranno destinati a “coprire” spese già sostenute nel 2020 (le cd “specifiche politiche e specifici progetti già in essere, che la NADEF indica in 63,1 miliardi di euro)  a restituire tutti i finanziamenti (circa 127 miliardi di euro che l’Italia contrarrà del Recovery plan saranno sostenuti sino al 2058 proprio dalle giovani generazioni.
La seconda è che la decisione di investire o meno seriamente sul nostro capitale umano più a rischio è solo del governo italiano che dovrà utilizzare al meglio quello che resta del NGEU, praticamente tutto a debito.

 

Articolo precedentemente apparso su Luiss Open il 12 gennaio 2021