Dall’Inpgi all’Inps: la previdenza dei giornalisti passa di mano

di Ignazio Marino

A stabilirlo è la Legge del 30 dicembre 2021 n. 234 (meglio nota come Legge Finanziaria per il 2022) per far fronte ai problemi di sostenibilità finanziaria dello storico istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» e continuare ad erogare le pensioni a giornalisti in quiescenza.

I contributi previdenziali e le pensioni dei giornalisti professionisti traslocano, dall’Inpgi all’Inps. Dalla gestione privata a quella pubblica.

A stabilirlo è la Legge del 30 dicembre 2021 n. 234 (meglio nota come Legge Finanziaria per il 2022) per far fronte ai problemi di sostenibilità finanziaria dello storico Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» e continuare ad erogare le pensioni ai giornalisti in quiescenza. La nuova gestione decorrerà dal primo luglio 2022. Ma sarà nel segno della continuità con il passato. La legge, infatti, a tutela dei diritti quesiti degli iscritti alla gestione sostitutiva Inpgi, prevede che “i soggetti che al 30 giugno 2022 abbiano maturato i requisiti pensionistici secondo la normativa Inpgi, a tale data conseguono il diritto alla prestazione pensionistica secondo la detta normativa”. Dunque, per i pensionati cambierà solo l’Istituto che accrediterà l’assegno pensionistico.  Non è la prima volta che un ente di previdenza viene assorbito dall’Inps: è già avvenuto in passato per Scau (lavoratori agricoli), Ipost (postelegrafonici), Enpals (spettacolo), Inpdai (dirigenti). Il default dell’Inpgi rappresenta la crisi del rapporto di lavoro giornalistico in relazione al sistema editoriale tradizionale. Secondo l’ultimo rapporto elaborato dall’Ufficio Studi dell’Inpgi (ottobre 2020), il numero dei giornalisti iscritti all’ente è passato da 17.860 del 2012 a 15.351 del 2019 (-5,8%). Di contro, l’andamento alla gestione separata Inpgi – che non è oggetto di trasferimento all’Inps in quanto resterà autonoma – ha registrato una dinamica di segno opposto, con l’incremento da 36.414 del 2012 a 44.013 del 2019 (+20,9%).

Le nuove pensioni

Dunque, dal primo luglio 2022 saranno iscritti all’assicurazione generale obbligatoria Inps i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché i titolari di posizioni assicurative e titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti presso la medesima forma. Per questa platea, il regime pensionistico sarà uniformato, nel rispetto del principio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con effetto dal primo luglio 2022. Di conseguenza, l’importo della pensione sarà determinato dalla somma:

  1. delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive acquisite fino al 30 giugno 2022, calcolate applicando le disposizioni vigenti presso l’Inpgi;
  2. della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal primo luglio 2022, applicando le disposizioni vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Il periodo transitorio

La legge 234 del 2021 contiene anche una norma transitoria che disciplina i trattamenti di disoccupazione e cassa integrazione. Anche in tal caso si applica la normativa Inpgi vigente al 30 giugno 2022 per i trattamenti riconosciuti tra il primo luglio 2022 ed il 31 dicembre 2023. I citati trattamenti saranno a carico della Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti fino al 31 dicembre 2023, per poi passare in carico al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dal primo gennaio 2024. Anche per l’assicurazione contro gli infortuni è prevista una norma transitoria: dal primo luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023 continuerà ad essere gestita secondo la normativa regolamentare Inpgi, per poi essere disciplinata, a partire dal primo gennaio 2024, secondo la normativa prevista per i soggetti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Le modifiche di carattere organizzativo

Per ovviare alle difficoltà di un passaggio tecnicamente molto complesso per via della stratificazione delle migliaia di posizioni previdenziali, al fine di garantire la continuità delle funzioni trasferite, la legge 234 prevede il passaggio di un contingente di personale da Inpgi ad Inps, previa selezione delle professionalità più idonee. Pertanto, al fine di favorire una rapida ed efficace integrazione delle funzioni, è stato costituito un Comitato di integrazione composto dal Direttore Generale e da tre Dirigenti dell’Inpgi, in carica alla data del 31 dicembre 2021, nonché da quattro Dirigenti incaricati di funzioni di livello dirigenziale generale dell’Inps, coordinati dal Direttore Generale dell’Inps, con il compito di pervenire all’unificazione delle procedure operative e correnti entro il 31 dicembre 2022.

Anche alcuni organi di gestione dell’Inps saranno integrati con componenti provenienti da Inpgi. Si tratta del Comitato amministratore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (con un rappresentante dell’organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa della categoria dei giornalisti) e del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps (con due membri designati in rappresentanza delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della categoria dei giornalisti).

Il trasferimento della gestione sostitutiva all’Inps comporta, come è ovvio, da una parte il venir meno dei poteri di ordinaria amministrazione in capo agli organi di Inpgi e, dall’altra, un obbligo da parte degli stessi di inviare una rendicontazione, in modo da consentire all’amministrazione Inps di adottare gli opportuni provvedimenti.

La crisi del sistema editoriale

La crisi dell’Inpgi fotografa, più in generale, anche i limiti di un’impostazione contrattuale (il contratto collettivo di settore) che ha l’esigenza di recepire le trasformazioni degli ultimi anni. Come rileva l’Istat, nell’ultimo decennio, il settore ha visto diminuire in modo significativo il numero di occupati, passati da 107 mila nel 2010 a 92,5, per una contrazione del 14,1% (a fronte di una crescita media dell’occupazione tra 2010 e 2020 dello 0,7%). A farne le spese è stata soprattutto la componente di lavoro dipendente, con una perdita di 12 mila occupati a fronte dei quasi 3mila persi con riferimento al lavoro autonomo. Tali dati – in linea con l’andamento degli iscritti all’Inpgi – riflettono più in generale le trasformazioni che hanno interessato il mercato del lavoro italiano negli ultimi decenni, dove i cambiamenti apportati dall’innovazione tecnologica e conseguentemente organizzativa hanno generato nuove tipologie lavorative fuori nella tradizionale ripartizione tra lavoro dipendente e autonomo.

L’impatto del digitale sul sistema editoriale

Lo sviluppo dell’economia digitale, delle piattaforme, ha cambiato la natura della prestazione lavorativa, facendo crescere un’area di lavoro ibrido, a metà strada tra autonomo e dipendente. Nell’ambito della comunicazione e dell’editoria, settore su cui l’innovazione tecnologica interviene in maniera ancora più incisiva, tali trasformazioni sono state ancora più evidenti. Si pensi all’impatto dello smart working (è stato il settore che vi è ricorso più massivamente durante la pandemia), ma anche al proliferare di profili professionali del tutto nuovi, a cavallo tra giornalismo e big data, informativa, relazioni istituzionali, produzione, tanto per fare alcuni esempi. In due anni di emergenza socio-sanitaria, il giornalismo ha dato prova della capacità di trovare e commentare le notizie in luoghi diversi rispetto alle redazioni. Senza, per questo, far venire meno la qualità del servizio giornalistico. Peraltro, la stessa prestazione di carattere subordinato “pura” ha visto, nella successione delle modifiche legislative degli ultimi anni, venire progressivamente meno alcuni dei suoi elementi fondanti (la tutela dell’articolo 18 su tutte), con ciò ampliando le differenze all’interno dello stesso paradigma di lavoro dipendente, tra pubblico e privato. 

Inps: una strada obbligata

Negli ultimi tre anni, il disavanzo della gestione previdenziale Inpgi, data dalla differenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate, ha sfiorato i 500 milioni di euro (nel 2018 per 148 milioni; nel 2019 per 150 milioni; nel 2020 per 197 milioni). Nel bilancio di previsione per il 2021 si stima che il disavanzo per quest’anno sarà intorno ai 205 milioni, dato che si attendono contributi per 372 milioni a fronte di 577 milioni di prestazioni. Il primo bilancio in rosso dell’Inpgi risale al 2017, quando il risultato economico è stato di -100,6 milioni (era positivo per 9,4 milioni l’anno precedente). Negli ultimi anni questo valore negativo è sempre aumentato: nel 2018, -161 milioni; nel 2019, -171 milioni; nel 2020, -253 milioni. Il bilancio preventivo per il 2021 stima un risultato economico negativo pari almeno a 225 milioni di euro [1]. Negli ultimi anni, diversi sono stati i tentativi di porre rimedio al dissesto della gestione sostitutiva Inpgi. Il precedente Governo, guidato da Giuseppe Conte, aveva previsto per la prima volta l’ipotesi dell’allargamento della platea dei contribuenti ai comunicatori, con il loro passaggio dall’Inps all’Inpgi. Un trasferimento strenuamente contrastato dalla categoria fino al suo definitivo accantonamento. Un nuovo tentativo è stato fatto dalla commissione tecnica, composta dal Dipartimento dell’editoria di Palazzo Chigi, dalla Ragioneria dello Stato, dai Ministeri del lavoro e dell’economia, dai vertici dell’Inpgi e dell’Inps che ha concluso i suoi lavori, come fissato, lo scorso 20 ottobre 2021, tratteggiando due diverse ipotesi possibili: l’allargamento della platea degli iscritti all’Inpgi (assorbendo tutti i lavoratori della filiera editoriale) e il passaggio dei giornalisti dall’Inpgi all’Inps. Complice l’esito non scontato di far accettare agevolmente a 22 mila lavoratori il passaggio dall’Inps a un ente previdenziale privato in grande difficoltà economica, il Governo ha dunque scelto la seconda ipotesi.

[1] F. Micardi e M. Prioschi, “Giornalisti in Inps con la pensione calcolata secondo il pro-rata”. IlSole24Ore del 29/10/21.