Scrittori francesi, studiate gli anni di piombo

di Marc Lazar

“Nella difesa dei rifugiati italiani degli anni di piombo si ritrova un misto di principi morali, vecchio romanticismo rivoluzionario e semplice ignoranza su cosa sia stato quel periodo storico” osserva Marc Lazar che ha curato le edizioni francesi e italiane de Il libro degli anni di piombo, tentativo di dissipare pregiudizi e costruire finalmente una memoria condivisa tra i due paesi. Sono passati più di dieci anni dalla pubblicazione di quel volume di riferimento ma qualche giorno fa un appello pubblicato su Le Monde in favore della “Dottrina Mitterand”, firmato tra gli altri dalla scrittrice Annie Ernaux e dal regista Robert Guédiguian, torna a evocare presunte carenze del sistema giudiziario italiano dell’epoca, rilanciando il solito cliché su una parziale sospensione della nostra democrazia durante la lotta contro il terrorismo. I firmatari chiedono poi che gli storici “comincino a fare il loro lavoro”, come se niente fosse stato fatto. “E’ misconoscere la realtà” risponde il politologo francese, politologo francese, professore a Sciences Po e alla Luiss.

Perché una parte degli intellettuali francesi continua a parlare per stereotipi, ignorando i tanti materiali storici che già esistono su questo tormentato periodo?

” Da quasi vent’anni c’è stato un lavoro di grandissima qualità, cominciato da storici italiani, francesi  e altri stranieri, che ha preso in esame nuove problematiche come la dimensione internazionale e sociale del terrorismo, l’attività delle istituzioni. In Italia c’è stato un cambiamento con l’apertura degli archivi su questo periodo grazie a due iniziative importanti, quella di Romano Prodi nel 2008 e quella di Renzi nel 2014. Ci sono storici di alto rilievo come Carlo Fumian, Angelo Ventrone e tanti giovani, penso a Guido Panvini”.

L’ideologia continua a pesare troppo?

“Mi colpisce il fatto che l’importante lavoro del mondo accademico non incida tanto nel dibattito pubblico dove le posizioni restano molto influenzate dall’ideologia. Purtroppo ancora oggi molti francesi non conoscono i nostri lavori. In particolare quelli che si esprimono pubblicamente su questo periodo dell’Italia non ne colgono la complessità”.

Come mai non si ricorda mai il dolore delle vittime del terrorismo e delle loro famiglie?

“Coloro che difendono in Francia i rifugiati italiani non prendono quasi mai in considerazione il punto di vista delle vittime del terrorismo, che sia quello nero o rosso. Come ha scritto Benedetta Tobagi sono <<vittime innocenti condannate a una solitudine infinita>>. In Italia la ricerca degli storici ha potuto svilupparsi anche grazie al lavoro documentario eccezionale delle associazioni di famigliari. E questa componente umana ed emotiva, ancora forte nonostante siano passati quarant’anni, in Francia viene totalmente ignorata”.

Nel testo pubblicato su Le Monde gli ex terroristi latitanti vengono definiti <<esuli politici>>.

“E’ un eufemismo, un tentativo di alleggerire il peso delle parole. Sul piano giuridico questi italiani non hanno mai avuto lo statuto di esiliati politici. Sono rifugiati in Francia, talvolta in condizioni difficili ed è vero che sono ormai integrati nella società, hanno figli, nipoti. I firmatari del testo parlano della contestazione e della violenza nell’Italia dell’epoca senza ricordare che gli italiani che hanno aderito alla lotta armata hanno gambizzato ed ucciso”.

Cosa resta della Dottrina Mitterand?

” Tra il 1981 e il 1983 c’erano posizioni diverse nel governo a proposito dei rifugiati italiani. Alla fine Francois Mitterand ha scelto non una dottrina ma dichiarazioni nelle quali annunciava che, in nome della tradizione del diritto d’asilo francese, bisognava accettare e proteggere gli italiani che rinunciavano alla lotta armata. A volte, ma non sempre, aggiungeva: <<salvo quelli che hanno compiuto crimini di sangue>>. Questa ambiguità è rimasta nei decenni successivi, nel fluttuare delle relazioni diplomatiche bilaterali e delle polemiche in Francia. E va ricordata anche una cosa”.

Quale?

“Negli ultimi quarant’anni ci sono stati momenti in cui l’Italia ha messo in pausa le richieste di estradizione. Nel nostro libro abbiamo svelato documenti che dimostrano come Bettino Craxi aveva detto a Mitterand di non volere il ritorno degli italiani per ragioni interne. Temeva che si riformasse il fronte della fermezza”.

Cosa spinse Mitterand a fare quella scelta?

“Voleva impedire la saldatura del terrorismo italiano con altri gruppi già presenti in Francia, come i militanti baschi, corsi, bretoni, irlandesi, o quelli di Action Directe. La seconda priorità era politica ma nel senso nobile, ovvero contribuire a far uscire l’Italia da questa stagione del terrorismo”.

Perché c’è stata una sola estradizione, quella dell’ex brigatista Paolo Persichetti nel 2002?

“La cosiddetta Dottrina Mitterand è stata rispettata da quasi tutti i presidenti. Chi difende i rifugiati italiani è stato più forte nel dibattito pubblico francese, anche grazie all’impegno di figure intellettuali e politiche. Alcuni lo hanno fatto per convinzioni morali, nella difesa della Francia come patria d’asilo. Altri erano ispirati dalla militanza politica e da una forma di romanticismo rivoluzionario. Esiste un misto di ragioni spesso combinate a una forma di ignoranza sulla realtà storica”.

Le richieste di estradizioni si sono fatte più insistenti dopo l’arresto di Cesare Battisti nel 2019, rilanciate di nuovo qualche giorno fa.

“Per alcuni partiti come la Lega o Forza Italia tornare su questo argomento è una risorsa politica nei confronti del loro elettorato, strumentalizzando un clima antifrancese. D’altra parte è una vicenda in cui si scontrano la gauche d’Oltralpe e la maggioranza della sinistra italiana e dell’attuale Pd”.

Emmanuel Macron potrebbe cambiare linea?

“Non ho nessuna informazione ma non sarei stupito da u cambiamento di linea. Credo che Macron non si senta vincolato alla cosiddetta Dottrina Mitterand. Ha 43 anni, per lui è storia vecchia. Vuole avere un ottimo rapporto con il governo di Mario Draghi nella prospettiva di uscire dalla pandemia. C’è anche una visita di Stato in Francia del presidente Sergio Mattarella in programma e dovrebbe essere firmato il Trattato Quirinale per rafforzare i rapporti bilaterali. In questo contesto Macron potrebbe dare il via libera alle estradizioni chieste dalla ministra Marta Cartabia nell’ultima riunione con il suo omologo francese. A quel punto ci saranno proteste da una parte della gauche, ma siamo ad alcuni mesi dalla presidenziali e forse lui pensa di lanciare così un messaggio agli elettori di destra, come sta facendo su altri temi come sicurezza o laicità. Macron è già in campagna per la sua rielezione e concentra la sua strategia su questo elettorato”.

 

Articolo pubblicato su La Repubblica, il 27 aprile 2021