Televisione: segnali dal futuro

di Angelo Terracciano

Dati in crescita per gli ascolti e le piattaforme digitali tra pandemia e nuove tecnologie

 

Il 2020 ha rappresentato per i player del mercato radiotelevisivo una sfida senza precedenti in ordine alle scelte editoriali, organizzative e tecnologiche da mettere in campo per fronteggiare il cambiamento provocato dalla pandemia da Covid-19. La graduale scoperta e la successiva convivenza con il virus, circostanza definita dai sociologi “fatto sociale totale” per l’impatto che la pandemia ha avuto su scala globale rispetto a tutte le variabili (sanitarie, economiche e relazionali), ha prodotto da una parte un improvviso mutamento dei bisogni di consumo mediale e newsmediale dei cittadini, dall’altra una rapida ristrutturazione dell’offerta. È stato indispensabile che quest’ultima fosse in grado di soddisfare tale fabbisogno informativo, adattandosi ai nuovi tempi e ai nuovi spazi della vita quotidiana.

Calo degli investimenti, crescita degli ascolti

Premessa necessaria all’analisi è lo scenario degli investimenti pubblicitari del mercato radiotelevisivo che ha risentito e che risente ancora fortemente delle conseguenze economiche del coronavirus, con una perdita su base annua stimata da Nielsen in un valore di circa il 12% (con una graduale risalita dopo il -35,6% del periodo marzo-giugno). Al contrario, gli ascolti hanno segnato dati positivi nel corso dell’intero anno, con altrettanti picchi corrispondenti alle fasi più acute dell’emergenza sanitaria. In uno studio pubblicato a luglio scorso, Confindustria Radio Televisioni aveva segnalato una crescita dell’ascolto medio nel periodo di lockdown del 37% rispetto al 2019, con 14,4 milioni di spettatori nell’arco dell’intera giornata. Se con l’estate e le relative riaperture gli ascolti si erano riavvicinati all’andamento dell’anno precedente, i dati Auditel relativi ai mesi di ottobre e novembre 2020 sono tornati a crescere, con un aumento dell’ascolto medio rispettivamente del 6,7 e del 9,3%.

Il consumo tradizionale del mezzo televisivo ha osservato dunque un trend annuale estremamente reattivo rispetto alle restrizioni e riaperture della crisi pandemica. Parallelamente, sono particolarmente rilevanti i dati provenienti dagli aggiornamenti settimanali di Auditel Digitale, che monitora l’accesso e il consumo all’offerta televisiva lineare tramite protocollo IP e quindi mediante l’uso di dispositivi connessi. Pur non essendo possibile effettuare una comparazione su base annua, a causa dell’allargamento del perimetro di rilevazione operato nel dicembre 2019, i numeri relativi alle LS (Legitimate Streams) e al TTS (Totale Tempo Speso) mostrano una forte crescita dell’accesso a questa tipologia di consumo. Mentre l’analisi di Confindustria Radio Televisioni aveva già mostrato i primi picchi nel periodo marzo-maggio 2020 (con un massimo di 18,4 milioni di minuti visualizzati nella settimana 8-14 marzo), gli ultimi mesi del 2020 segnano un ulteriore salto in alto di tale modalità di fruizione, con un dato settimanale superiore ai 20 milioni di minuti dalla metà di ottobre alla fine dell’anno scorso.

 

L’informazione pandemica fa crescere gli ascolti dei TG

In coincidenza dell’intensificarsi delle misure emergenziali messe in atto dal Governo osserviamo un trend in crescita anche negli ascolti dei TG e in particolar modo delle edizioni in onda in prime time. Tale crescita è senza dubbio la conseguenza di uno scenario soggetto a un costante mutamento, che ha costruito una ritualità quotidiana legata alla presentazione e all’analisi dei dati sulla diffusione del contagio e ai contestuali aggiornamenti delle disposizioni emergenziali da parte dell’Esecutivo.

Secondo l’Osservatorio Tg Eurispes-CoRiS Sapienza “l’utenza media dei Tg del prime time è cresciuta nei mesi primaverili di oltre 7,5 milioni di spettatori […] raggiungendo un pubblico di più di 23 milioni di teleutenti.” Osserviamo dati coerenti a quelli degli ascolti medi anche per quanto riguarda gli ultimi mesi dell’anno, con una crescita su base annua del 18% a ottobre, del 25% a novembre e del 33% a dicembre. In questo trend positivo è possibile individuare quella che viene definita una vera e propria “rivitalizzazione” del comparto dell’informazione mainstream. Attività guidata senza dubbio dall’abilità dei principali player di esercitare efficacemente la propria funzione di mediazione simbolico-culturale e offrire una rappresentazione collettiva della situazione del Paese in grado di rispondere al disordine informativo che ha caratterizzato in particolar modo i primi mesi dell’anno.

Come evidenziato da Francesco Giorgino nel policy brief della Luiss School of Government sulla comunicazione ai tempi del Covid-19, i media hanno dovuto affrontare una serie di sfide derivanti in primis da uno scenario istituzionale atipico, ma anche da forti asimmetrie informative relative alle diverse dimensioni della crisi pandemica e da dinamiche di disintermediazione messe in pratica da numerosi soggetti istituzionali. Dinamiche alle quali l’offerta televisiva lineare ha risposto attraverso una riformulazione parziale dei propri palinsesti e l’integrazione all’interno delle proprie trasmissioni dei contenuti informativi istituzionali (come ad esempio le dirette del Presidente del Consiglio e i bollettini diffusi dalle autorità sanitarie e dagli enti territoriali).

 

Eventi e informazione in cima agli ascolti TV

Coerentemente con lo scenario relativo ai dati di crescita dei Tg, il 2020 televisivo è stato dominato da un mix di grandi eventi e momenti chiave dell’informazione. Se si esclude la serata finale del Festival di Sanremo – uno degli ultimi grandi eventi antecedenti alla crisi pandemica – ci sono due edizioni del Tg1 in cima alla classifica dei programmi più visti.

Come scrive Aldo Grasso sul Corriere della Sera, l’edizione straordinaria in prime time del 9 marzo e l’edizione delle ore 20 del 26 aprile, corrispondenti rispettivamente all’annuncio del lockdown nazionale e a quello della successiva Fase 2, hanno superato i 10 milioni di spettatori. Ma non è tutto: nelle prime posizioni troviamo anche quello che Prima Online ha definito “un mix di sacro e profano”, fatto di fiction (tra cui spiccano “Doc – Nelle tue mani” e “Il commissario Montalbano”), sport (con le fasi finali della Coppa Italia) ed eventi religiosi (su tutti la benedizione Urbi et Orbi del 27 marzo). I numeri della tv, soprattutto quella generalista, dimostrano che essa ha ancora una volta contribuito a creare e rafforzare il senso di comunità nel Paese. A conferma di ciò vi è anche uno degli ultimi dati di ascolto – in ordine cronologico – dell’anno 2020. Il discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha infatti totalizzato, tra le varie reti, 15.272.170 spettatori, cifra più alta registrata dall’inizio delle rilevazioni Auditel nel 1986. Questo numero supera di oltre 5 milioni quello del 2019, a dimostrazione della capacità del mezzo televisivo di svolgere un ruolo stabilizzante nei processi socioculturali e nel rapporto tra cittadini e istituzioni.

 

Quale futuro per il consumo televisivo?

Se gli ultimi anni ci avevano consegnato un mercato audiovisivo caratterizzato dall’inesorabile affermazione dell’offerta OTT, i volumi di crescita della fruizione digitale dei player tradizionali dimostrano la resilienza dei formati e dei linguaggi della televisione, che si stanno gradualmente adattando alle abitudini di consumo, frammentandosi e aumentando i touch point su diversi dispositivi e piattaforme. Tale processo si concretizza non solo nell’aumento delle tipologie di schermi dai quali poter accedere ai contenuti, ma anche attraverso l’innovazione tecnologica che sta caratterizzando lo stesso mezzo televisivo. Tra i dati più interessanti riportati nel Terzo Rapporto Auditel-Censis diffuso lo scorso ottobre, nel 2019 si è osservato infatti un vero e proprio boom dell’acquisto di Smart-TV (+61,8% l’aumento di quelli effettivamente connessi rispetto al 2018), che se unite ai dispositivi esterni che permettono di collegarsi ad internet portano il numero di televisori connessi al web a 10,4 milioni di unità per 8,3 milioni di famiglie.

Possiamo osservare e comprendere meglio il valore di questi numeri, mettendolo in relazione ad altre due informazioni:

  • da una parte il dato relativo alla crescita del numero di persone che dichiarano di utilizzare almeno una volta a settimana servizi di streaming audiovisivi (17,4 milioni, di cui 11,3 milioni che dichiarano di utilizzarla più volte);
  • dall’altra i dati sul parziale recupero dell’audience televisiva delle fasce più giovani (con figure di crescita ben oltre il 50% nelle fasce 4-24 durante il primo lockdown secondo Confindustria Radio Televisioni).

Non possiamo fare a meno di osservare che lo scenario attuale ha aperto un’inattesa finestra di opportunità per i player televisivi, che dovranno provare a sfruttare la tradizionale centralità del mezzo nell’ambiente domestico al fine di guadagnarsi una posizione di riguardo nelle abitudini mediali che caratterizzeranno la nuova normalità quotidiana. Ciò, con il fine ultimo di riaffermare e preservare il proprio contributo nei processi di mediazione simbolico-culturale del Paese.