Un nuovo modo di consumare in bilico tra negozi fisici e virtuali

di Michele Costabile

Che quella da Covid-19 fosse una crisi della domanda, aggravata dalla drammatica riduzione della produttività del consumatore era chiaro da subito. Si è ridotto, infatti, il valore utilitaristico, edonistico ed esperienziale (emozionale) di acquisti e consumi. E al contempo sono emersi nuovi costi, anche fisici e psicologici, che per quanto siano ormai parte della “nuova normalità” – ci si adatta a tutto nel tempo – hanno ridotto il valore di beni e servizi.

Imprese e start-up hanno reagito a questo “nuovo” tipo di crisi sperimentando.  Spiegato in breve, da una parte ci sono le nuove regole e le tante paure che accompagnano il consumatore rendendo più oneroso e meno divertente lo shopping e il consumo – ove non addirittura inibendolo (e.g. intrattenimento e cultura); dall’altra è forte il desiderio del consumatore di riappropriarsi di emozioni, forme di condivisione sociale ed esperienze. Come riequilibrare in questo quadro il rapporto benefici-costi e restituire valore e produttività al consumo? Non potendo cambiare le condizioni esterne, e neanche più di tanto la mente del consumatore, la risposta più naturale è stata la sperimentazione su ciò che sta in mezzo, ossia quell’estensione del corpo umano che sono i dispositivi digitali diffusi (smartphone in testa), da usare per ampliare e migliorare l’esperienza del consumatore.

L’intelligenza d’acquisto e di consumo naturale è già da tempo “aumentata” grazie alle tante forme di intelligenza artificiale. Si stima che il 90% degli acquisti avvenga in un negozio fisico ma oltre il 60% delle decisioni, il classico “cosa, dove, a che prezzo”, passi da dispositivi che funzionano da “maggiordomo digitale” per lo shopping. Insomma, lo smaprtphone è un portale di ingresso in esperienze di acquisto on life, in cui la distinzione fra fisico e digitale è irrilevante, incomprensibile o semplicemente invisibile.

Ma come si progettano le offerte al “consumatore aumentato”? In che modo si accrescono capacità e produttività del consumatore? E come si superano i blocchi fisici e cognitivi che riducono la propensione a uscire, a frequentare posti affollati e ad avere contatti, nonostante la socialità rimanga centrale per il valore dei processi d’acquisto e consumo?

Le risposte per reinventare lo shopping oltre la crisi si stanno disponendo su due direzioni principali.

La prima è quella che rende i negozi fisici trasparenti e accessibili al consumatore già dal divano di casa. In questo nuovo “vicinato digitale”, volantini e offerte commerciali sono sempre disponibili su smartphone e altri dispositivi digitali. Crescono punti di vendita e insegne che preparano le buste della spesa o la tv da ritirare dopo un ordine online in modalità click-and-collect. O anche dopo una semplice interazione su WhatsApp, diffusa anche per l’ambulantato di prossimità. E pure processi d’acquisto (customer journey) complessi sono serviti dal maggiordomo digitale, che aumenta capacità di interagire, farsi consigliare oppure fissare appuntamenti in presenza. Il consumatore aumentato ha negozi fisici sempre aperti. Li esplora, si informa e compra senza affollamenti, riappropriandosi di spazi e tempi altrimenti ridotti dalla nuova normalità.

La seconda direzione è quella dei negozi frictionless. Su questo concetto operano tutte le micro-innovazioni che aumentano le capacità del consumatore in presenza, a partire da scaffali e package interrogabili con la fotocamera per conoscere disponibilità (es. di taglie e modelli), verificare prezzi, o anche solo per trovare un prodotto o per ricevere narrazioni sulla storia ovvero sui destini di prodotti e servizi: l’uovo, dalla gallina alla carbonara ben impiattata. Per continuare con pagamenti senza code e logistica comoda oltre che economica, sincrona o asincrona. Di certo senza ostacoli e perdite di tempo così da concentrarsi sugli elementi piacevoli e gratificanti. A volte addirittura giocando con lo shopping (gamification).

Insomma è su queste due direzioni che si agisce per aumentare la capacità del consumatore naturale,recuperandone la produttività perduta ossia riequilibrando il rapporto tra input (costi) e output (benefici) dei processi di acquisto e di consumo. Dopo le sperimentazioni del 2020, accelera in questi mesi l’innovazione incrementale e continua che aumenta il piacere della scoperta – portando le vetrine dei negozi e i suoi consulenti fino nel salotto di casa – e riduce i momenti di non trascurabile fastidio (attese, code, affollamento percepito, frustrazione da mancanza delle referenze ricercate, ecc. ). Il tutto esaltando, rispetto alla grigia nuova normalità, il piacere dell’interazione sociale, quello della scoperta dei prodotti e non ultimo l’edonismo più ludico dell’acquisto e del consumo, ove possibile senza mortificare l’estetica della fisicità il suo simbolismo. Ma soprattutto, e questa è una vera sfida, senza trascurare la serendipity degli acquisti e dei consumi ossia quella quota di valore non programmata e non prevista che, anche post pandemia, rimane un elemento non secondario nell’economia e nella socialità dei nostri mercati.

 

*Articolo tratto da Luiss Open.