Vaccini e reputazione social

di Leyla Speziali

È ormai assodato, anche perché scientificamente verificato, che il modo più efficace per poter arrestare l’epidemia da Covid-19 in tempi ragionevoli è quello di procedere con determinazione verso l’obiettivo della profilassi vaccinale.

Non altrettanto scontato è che la popolazione accetti la somministrazione dei vaccini. Infatti, sin dall’annuncio della sua uscita, non sono mancate intorno a questo tema prese di posizioni sui social network frutto di diffidenza, pregiudizio e contrarietà, spesso in base a strategie di disinformazione e a casi di fake news oltre che a titoli fuorvianti di testate online e blog, il cui scopo principale era (ed è) quello di ottenere un click in più e maggiore engagement del pubblico. Basti pensare alla colossale “bufala” girata in rete per settimane, secondo cui, insieme al vaccino, sarebbe stato iniettato un chip 5G per il controllo e la manipolazione del nostro corpo, per motivi non meglio identificati ed identificabili. E infatti, se da un lato i media tradizionali hanno affidato, come è normale e doveroso che sia, ad eminenze scientifiche il compito di chiarire le modalità di funzionamento del vaccino inoculato nel corpo umano, altrettanto non si può dire in relazione alle notizie che viaggiano in Rete, su molte piattaforme online.

A tal proposito, nei giorni scorsi è intervenuta Věra Jourová, Vicepresidente della Commissione europea e responsabile del “coordinamento delle politiche sui valori e la trasparenza”. La Jourovà ha ritenuto necessario convocare i rappresentanti europei di Google, Facebook, Twitter, TikTok e YouTube, invitandoli ad “adottare misure sostanziali per evitare che la disinformazione dannosa e pericolosa, sia interna sia straniera, minacci la nostra comune lotta contro il virus” e, in particolare, la considerazione del vaccino. La Vicepresidente ha insistito sul ruolo fondamentale che svolgono le piattaforme online nella costruzione del dibattito pubblico e in relazione al potere trainante e persuasivo che esse esercitano sugli utenti, sottolineando con forza come “le informazioni possano salvare vite umane”. L’appello, soprattutto in ambito social, era finalizzato a “unire le forze”, istituzioni pubbliche e piattaforme social, onde arginare il fenomeno dilagante della disinformazione e promuovere così annunci da parte delle autorità sanitarie competenti.

In base ad un recente studio condotto da “Reputation Science”, per gli Italiani i vaccini non sono tutti uguali, non agiscono nello stesso modo e, soprattutto, non hanno il medesimo grado di affidabilità. La società leader in Italia nell’analisi e gestione della reputazione ha preso in esame circa 140.000 conversazioni e contenuti online, dai quali è emerso che soltanto in quattro casi

su dieci il giudizio sui vaccini era di segno inequivocabilmente positivo. Le opinioni negative sul siero anticovid sono state sorrette principalmente dal disappunto per i ritardi relativi alla loro distribuzione e l’incertezza sulla loro efficacia.

Reputation Science ha evidenziato anche come l’appartenenza di un vaccino ad una casa produttrice rispetto ad un’altra crei differenze sostanziali di percezione e opinione da parte della popolazione: quello che ha ottenuto maggiori consensi è stato finora il vaccino Moderna, sorprendentemente seguito dal russo Sputnik, il quale, però, è ancora al vaglio dell’autorità europea per il suo definitivo lasciapassare; il vaccino prodotto da Pfizer non è stato di certo il più apprezzato; da ultimo, il siero AstraZeneca, il cui valore è lo specchio di opinioni fortemente contrastanti tra di loro. Il dato più allarmante è tuttavia un altro e cioè il fatto che soltanto il 41% degli italiani è convinto della bontà e della necessità dei vaccini per sconfiggere la pandemia. A fronte di questo dato ne ricordiamo altri due: il 26% ha assunto una posizione neutrale, mentre il 34% ha maturato un’opinione assolutamente negativa.

I fattori che maggiormente influiscono e alimentano scetticismo ed incertezza sono relativi a problemi di distribuzione dei vaccini (35% dei contenuti presi in esame), alla perplessità sulla loro efficacia (26,2%), alla reputazione della casa farmaceutica di appartenenza (10,3%) e ai percorsi di sperimentazione (9,9%).

Il Presidente di Reputation Science, Auro Palomba ha affermato quanto segue: “L’atteggiamento e la fiducia degli italiani verso i vaccini saranno determinanti per la capacità del nostro Paese di mettersi alle spalle il Covid prima possibile. Purtroppo, la gestione delle informazioni sui tempi della distribuzione e sull’efficacia della strategia ha contribuito in molti casi a generare perplessità e diffidenza. Adesso più che mai è necessario un cambio di passo, adottando un approccio comunicativo puntuale e trasparente. Da questa scelta, del resto, dipende la ripartenza del nostro Paese”.

Occorre muoverci da qui per immaginare una strategia comunicativa, almeno su scala nazionale, che renda inoffensivi i tentativi di rendere debole la percezione dell’utilità del vaccino. La chiave di volta è rappresentata proprio dall’informazione.